Riflessioni:
Oltre a tutto ciò che il Sensei ha dimostrato e spiegato relativo alla forma e alla tecnica dei kata esaminati della Scuola antica, uno degli elementi che mi ha regalato maggiori emozioni su cui riflettere è stata la domanda che il Sensei ci ha posto “perchè fate iaido?” e “perchè farai l’esame per conseguire il VI dan?”– rivolgendosi ad uno dei partecipanti.
Spesso ho attraversato periodi di profonda crisi nella pratica, arrivando anche a desiderare di lasciare tutto alle spalle. Alla base di questa sensazione vi erano sentimenti di inadeguatezza nei confronti di ciò che avrei dovuto saper fare, di insuccesso e percezioni alle volte distorte delle possibilità personali, e non solo nello iaido.
Il “cambiamento” e l’impegno necessario per intraprendere un percorso migliorativo, sono scomodi. Ed è altrettanto scomodo sentirsi ripetere in continuazione le stesse osservazioni cosi come apprendere che nulla è cambiato in quello che si fa e che gli errori sono sempre i medesimi.

Se, però, si inizia a realizzare che l’impegno che ciascuno di noi deve mettere per rendere possibile l’avanzamento verso una pratica migliore e sempre più affine al grado conseguito o che si dovrà conseguire, non è unicamente per se stessi, allora più facilmente si riuscirà a “scrivere ancora qualcosa su quella tavola ormai colma di lettere e frasi che per abitudine sono rimaste impresse”, ci sarà lo spazio necessario per aggiungere parole, cancellandone altre, per unirle e per comporre pensieri di senso compiuto in modo assolutamente consapevole.
Il Sensei ha rimarcato la responsabilità che ognuno di noi dovrebbe avere verso gli altri praticanti di grado inferiore nel momento in cui si progredisce con il livello di conoscenza dello iaido.
E’ una responsabilità che si deve avere e di cui si dovrebbe avere consapevolezza. Questo accade anche nella vita e nell’attività lavorativa, insomma sempre…

Siamo autori noi di ciò che possiamo trasmettere e protagonisti noi di ogni piccolo “cambiamento” da cui dipende il miglioramento non solo relativo a se stessi, ma soprattutto nei confronti dell’intero Dojo.
Siamo fortemente aiutati e guidati in questo percorso dai Sensei che ci seguono e che seguiamo e che sono consapevoli del loro compito, assolutamente non semplice. Nulla è semplice, né guidare né farsi guidare ed il processo mentale alla base del cambiamento non può essere passivo, ma deve essere “mutevolmente attivo”. Sarà cosi che lo spirito di apprendimento e di crescita via via prenderà la giusta forma e non si arrenderà mai.
Ringrazio il Sensei René van Amersfoort, il Sensei Danielle Borra e Claudio Zanoni.
Ringrazio i compagni di pratica.
Stefania Battista, 5 dan
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© la foto che ritrae il sensei Van Amersfoort è opera di Enrico Gandolfo (n.d.r.)