Non scrivo un pezzo autografo da un po’. A dispetto degli studi universitari che ho compiuto, quando pratico iaido mi sento estremamente distante dalla filosofia accademicamente intesa. La spada per me è sempre stata quella cosa che mi serviva a tenere i piedi per terra e ritrovare me stessa: per qualcuno è uno strumento di elevazione, per me è più un’ancora.
Mi sono decisa a rimettere i polpastrelli sulla tastiera spinta dal desiderio di condividere un’indicazione pratica, e incoraggiata in questo dalla mia maestra, Danielle Borra (7 dan kyoshi). Le ultime lezioni cui ho partecipato in dojo sono state incentrate sulla postura: oltre a procurarmi un gran mal di schiena, mi hanno illuminata a proposito di alcune questioni tecniche.

Lo iaido, l’abbiamo sentito mille volte, non è un’arte marziale dove sia particolarmente rilevante la forza; destrezza e precisione al contrario svolgono un ruolo di primo piano. Attraverso l’acquisizione di una postura corretta non solo trarremo benefici a lungo termine per la nostra persona, ma riusciremo ad utilizzare meglio il corpo e per diretta conseguenza la qualità del nostro iaido migliorerà.

La maggior parte degli europei che conosco, sottoscritta inclusa, manifesta una tendenza ad assumere una postura quasi cifotica: anche se alcuni hanno la parte superiore della schiena abbastanza dritta e le spalle aperte, spesso la regione lombare è flessa in avanti, cosa che porta automaticamente il bacino in posizione anteroversa, e quasi per bilanciare tendiamo a sporgere in avanti anche la testa. Una condizione che gli inglesi descrivono letteralmente come “sedere a papera”, immagine colorita che a mio avviso rende bene l’effetto visivo.
Un praticante con questo difetto, soprattutto visto lateralmente, è chiaramente instabile e deve sopperire con la forza fisica nel generare impatto, laddove il corpo non è predisposto a sostenerlo. Questa postura reca con sé tutto un corollario di difetti diffusissimi: l’incapacità di mantenere basso il bacino (quell’effetto sismografo che notiamo spesso nei kata in piedi), l’incapacità di chiudere una tecnica senza pattinare, la perdita di pressione sull’avversario quando cambiamo posizione dopo aver effettuato l’o-chiburi… Potrei continuare!

Un ottimo esempio da seguire, per capire a cosa mi riferisco quando penso ad una postura corretta, è Morishima Kazuki sensei, 8 dan kyoshi. La sua postura è drittissima, funzionale al movimento, che risulta soprattutto corretto, quindi visivamente compatto, elegante e potente.

Non si può vedere alcun cambiamento senza impegnarsi per cambiare, il che ci porta dritti al cuore dell’articolo, che è anche la sua conclusione. Ho capito che è necessario che io mi impegni per mettere a posto questo difetto. Per farlo, cerco di mantenere la parte alta della schiena ben dritta, il mento ben indietro, operare una retroversione del bacino e abbassare iaigoshi. Vi garantisco che è una sensazione spiacevolissima, vissuta dall’interno: ci si sente molto instabili. I riferimenti che erano sicuri in ogni cambio di piede, in ogni giro, si perdono. La cosa che mi ha turbata di più è, tuttavia, il tenouchi, in particolare nel kirioroshi: basta un kata e mi ritrovo a fiato mozzato!

Chiara Bonacina, 3 dan

1 COMMENT

  1. La problematica descritta nell’articolo e’ spesso associata ad una debolezza della muscolatura addominale, che andrebbe rinforzata, e che, fra l’altro, ha una sua funzione stabilizzatrice durante l’azione di taglio.

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