Possiamo senza dubbio affermare che le arti marziali, come lo Iaido, rientrano nella categorie delle discipline individuali, fortemente diverse da tutte le altre pratiche in cui il gioco di squadra la fa da padrone, come il calcio ad esempio. Tuttavia, l’individualità della pratica non deve ingannare: dall’incontro e dalla condivisione con gli altri possiamo trovare innumerevoli spunti e stimoli per crescere sia individualmente che come movimento.
Tizio: Hey, sto organizzando una festa per domani sera, ci sarai?
Io: Ciao! Mi spiace, domani devo prendere un aereo per andare a X, ho un seminario/allenamento di Iaido.
Tizio: Ah, va bene. E quando ritornerai?
Io: In nottata. Parto la mattina alle 6 e rientro alle 23.
Tizio: Tu sei pazzo!
Quello sopra è un esempio abbastanza fedele di conversazioni che, ormai da anni, periodicamente mi ritrovo ad avere prima di vari week-end l’anno. Può cambiare l’interlocutore, la destinazione, gli orari dei voli, ma ciò che resta costante è l’epilogo finale: tu sei pazzo!
Perchè, se ci pensiamo bene, cosa se non un minimo di pazzia potrebbe spingere qualcuno a svegliarsi alle 4 di mattina, raggiungere l’aeroporto, pregare che al check-in non facciano problemi per lo iaito (e pregare che arrivi integro a destinazione), arrivare a destinazione tramite un mix di vari mezzi di trasporto pubblico, farsi massacrare su punti che eri CERTO di aver appreso, per poi ripetere l’iter in fretta e furia al contrario?
Oltre ad un pò di pazzia c’è dell’altro però: la ferma convinzione che per migliorare il mio iaido debba “andare in giro”. Infatti, per quanto fondamentale sia la pratica in dojo, credo che limitarsi ad essa sia un errore, soprattutto se questa diventa una comfort zone dalla quale può diventare difficile evadere.
Il primo seminario nazionale con Maestri giapponesi.
Il primo taikai (2 incontri persi su 2).
Il primo allenamento con la nazionale italiana.
Il primo campionato europeo.
Tutti questi eventi sono stati tasselli fondamentali della mia pratica, perchè mi hanno permesso di fare esperienze diverse e conoscere insegnanti e praticanti che di certo non avrei incontrato restando comodamente all’interno del mio dojo a Catania.
Quante volte ci è capitato di avere dei momenti di illuminazione, di capire finalmente dei concetti che da sempre, settimanalmente, ci venivano spiegati minuziosamente, solo perchè stavolta ad illustrarli è stato un insegnante diverso dal solito, con un linguaggio diverso dal solito?
Quante volte ci è capitato di guardare un embu, uno shiai o semplicemente la pratica libera di altri iaido-ka e pensare “cavolo, vorrei tirare come lui/lei”?
«Imita il waza di qualcuno la cui esecuzione ti convince ed eseguilo continuamente fino a quando quel waza diventa tuo.» (Ogura sensei)
Quante volte la sana, e talvolta “nascosta”, competizione con qualcuno ci ha spinti a migliorarci sempre di più?
«E poi deve esserci un rivale, un avversario speciale. Quando si gareggia, se non c’è un rivale, non si va avanti. Ovvio, non si va a dire: “Tu sei il mio rivale”, e che anche l’altro ha coscienza di te come rivale dovrebbe essere percepito senza bisogno di parole.» (Kawaguchi sensei)
Da praticante di iaido siciliano, per ovvie ragioni geografiche, a volte mi sono sentito “isolato” dal resto del mondo: in Italia il maggior numero di dojo si trovano al centro-nord, ed è lì si svolgono tutti i principali eventi nazionali. Ma la convinzione che solo attraverso questi brevi musha shugyo si possano fare esperienze forti di crescita mi spinge (e deve spingerci tutti) ad uscire dal guscio ed investire su questo cammino, uno dei pochi investimenti dove il ROI è sempre favorevole.
Perchè no, noi iaido-ka non siamo isole.
Però si, un pò pazzi lo siamo 🙂