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Usciamo dall’anno della Tigre, che per la tradizione orientale ha caratterizzato il 2022 con la sua velocità, mutevolezza, energia e impulsività, anno ricco di cambiamenti e opportunità, ed entriamo nell’anno del Coniglio, ritenuto simbolo di grazia, cultura, talento e ambizione, segno che ha bisogno di una solida base per prosperare, e che sembra quindi voler caratterizzare lo sviluppo ideale dell’anno precedente.
Pensando a come, e con cosa, i giapponesi festeggino il nuovo anno, mi sono ritrovato a fare qualche parallelo con il mondo occidentale, anche se ad essere sincero non è che conosca molte delle tradizioni o abitudini più tipicamente nostrane, o comunque occidentali, se non quelle più classiche (disclaimer: non che sia favorevole a tutte, mi limito ad elencarne qualcuna a caso) come i giochi pirotecnici, indossare qualcosa di rosso, buttare dal balcone qualcosa di vecchio, cosa che fortunatamente non mi è più capitato di vedere da quanto ero piccolo (!!), il bacio sotto il vischio, il primo incontro uscendo di casa il primo dell’anno, oppure alcuni cibi particolari come le classiche lenticchie o il brindisi di mezzanotte.
Tutte le usanze hanno in comune il voler attirare una buona, o migliore, sorte nel nuovo anno, e la scaramanzia è un po’ tipica in tutto il mondo, ovviamente con sfumature diverse. Che siano rintocchi di campana, acini d’uva, o altra frutta, il numero dodici la fa un po’ da padrone ovunque, richiamando la fortuna per ognuno dei mesi dell’anno, mentre il colore rosso non è universalmente comune, sostituito ad esempio dal giallo o dal bianco in Centro e Sud America. La nostra lista dei buoni propositi può essere sostituita da un desiderio che verrà scritto e fatto galleggiare sull’acqua a mezzanotte in alcuni paesi orientali, mentre cibi tra i più disparati ma semplici, come pane, cipolle, patate sono utilizzati come elementi portafortuna, o per predirla, se posti in particolari zone della casa. Perfino lo sport ha la sua importanza a capodanno, con le varie maratone che si effettuano in molti angoli del mondo.
Affrontare una comparativa sulle tradizioni a livello planetario sarebbe un compito particolarmente arduo, quindi mi sono limitato a passare in rassegna come una cultura caratterizzata da storia, tradizioni e religioni così diverse dalla nostra possa festeggiare l’arrivo di un nuovo anno, ed ecco allora un elenco sicuramente non esaustivo, e senza un particolare ordine di importanza, sulle consuetudini nel paese del Sol Levante.
Innanzi tutto, credo sia importante ricordare che il Natale in Giappone sia un po’ come Halloween in Italia, ovvero sicuramente un occasione di festa, ma non profondamente ancorata alle tradizioni locali, importata a causa della globalizzazione, senza accezioni negative: si festeggia quindi, ma resta tutto condensato nell’arco della singola giornata e subito dimenticato già a partire dal giorno successivo.
D’altro canto, il capodanno ha invece un significato più profondo, è caratterizzato da festività più protratte nel tempo e più vissute con la famiglia e i conoscenti, e la cui tradizione non può che trarre forza dalle dottrine shintoiste e buddiste legate alla prosperità.
I giapponesi non solo festeggiano il nuovo anno con particolare attenzione e un adeguato stato d’animo, ma dato che ogni anno è tradizionalmente considerato come un periodo completamente separato dagli altri, tutte le incombenze, gli obblighi e quello che ci si era ripromessi di fare deve essere completato entro l’anno che si sta per chiudere. Per i giapponesi è un’usanza importante, alla quale è dedicato un festeggiamento particolare, il bonenkai, la festa per dimenticare il vecchio anno, con la quale si lasciano le vecchie preoccupazioni e i vecchi problemi alle spalle, prima di affrontare l’inizio del nuovo anno.
Vale la pena ricordare che è solo dal 1873, appena dopo la restaurazione Meiji, che il capodanno ufficiale giapponese si celebra secondo il calendario gregoriano al primo di gennaio (ganjitsu): la festa relativa (shogatsu) ha le sue recenti proprie tradizioni ma lascia comunque spazio ad alcuni eventi tradizionali del calendario Tenpo, quello lunisolare in uso fino al 1872, o addirittura al calendario ancora precedente, basato su quello cinese chiamato Jokyo.
Un’usanza simile a quella occidentale è sicuramente quella dei rintocchi delle campane, ma allo scoccare della mezzanotte, i templi buddisti suonano le campane cento otto volte (joya no kane), per allontanare i cento otto elementi del bono, gli stati mentali che portano le persone a comportarsi male. I monaci cominciano a suonare le campane a partire dalle 23:00 e l’ultimo rintocco coincide con la mezzanotte, inizio del nuovo anno, a significare la necessità di lasciarsi le vecchie emozioni alle spalle.
Da questo primo assaggio sulle tradizioni giapponesi, cominciano quindi a delinearsi alcune differenze culturali, sebbene il tema fondamentale pare essere, ovviamente, comune con quello occidentale.
Il nuovo anno inizia con uno dei periodi principali di vacanze, oshogatsu, il più lungo di tutto l’anno, che permette ai giapponesi di potersi ricongiungere con le famiglie o ai propri cari, e in questo periodo è usanza tipica scrivere i biglietti di auguri: sono i nengajo, tradizione che risale al periodo Heian (794-1185) quando la nobiltà inviava auguri scritti ai conoscenti che vivevano troppo lontano per poterli andare a trovarli di persona. Ma a differenza di quelli occidentali, i nengajo strizzano anche l’occhio alla arti del pennello come la poesia, la calligrafia e la pittura, includendo la scrittura di haiku e renga, che con le tipiche cartoline d’auguri possono quindi essere intesi come prima lettera scambiata, hatsudayori, o la prima calligrafia donata, kakizome, o il primo dipinto, fude hajime.
Anche le decorazioni sono apposte per augurare la prosperità nel nuovo anno, e vengono chiamati in causa i Toshigami, la divinità shintoista della fertilità e del raccolto, a cui vengono dedicate le decorazioni domestiche, come il kadomatsu, sezioni di bambù opportunamente elaborate insieme a pino rami di susino, tutti simboli di propserità e longevità, che vengono solitamente posizionati ai lati della porta di casa. Come tutte le decorazioni, i kadomatsu vengono tradizionalmente portati in un tempio locale per essere bruciati nella cerimonia originaria del periodo Heian chiamata dondo yaki, a metà gennaio, dal momento che non è considerato di buon auspicio buttare via gli oggetti mentre il fuoco è ritenuto elemento purificatore quando li si debba eliminare.
Un’altra decorazione tipica è il kagami mochi, costituito da due tortine di riso, i mochi, con sopra un tipo di mandarino, un daidai: questa tradizione è più recente del kadomatsu, affondando le sue radici nel periodo Muromachi (1336-1573), ancora di origine Shintoista come rivela il nome, traducibile con torta specchio (nel periodo di origine gli specchi erano infatti rotondi e regolarmente utilizzati nelle cerimonie religiose), in quanto si ritiene che gli specchi, kagami, richiamino alla mente i mochi della decorazione, mentre il daidai è ritenuto nuovamente un simbolo di prosperità, dal momento che può essere tradotto come “di generazione in generazione”. Invece di essere bruciato come i kadomatsu, i kagami mochi vengono mangiati intorno all’ 11 gennaio, ma è importante spezzarlo cerimonialmente con le mani o con un martellino e mai tagliarlo con un coltello, azione sconveniente questa in quanto richiama il seppuku.
Più simile alle nostre coroncine, lo shimekazari è un’altra decorazione tradizionale con scopo spirituale: è una ghirlanda tipicamente appesa alla porta di casa, ed è fatta di corda di paglia di riso, pino e occasionalmente un’arancia mikan e, simboleggiando anche loro la prosperità, si ritiene che impediscano agli spiriti maligni di entrare in casa mentre accolgono i Toshigami.
Per quello che riguarda i cibi tipici del menù di capodanno, spicca senz’altro il toshikoshi soba, ovvero gli spaghetti, soba, del passaggio dell’anno, toshikoshi. Usanza che affonda le radici nel periodo Edo (1603-1867) è un piatto ricco di simbolismo e buoni auspici: gli spaghetti infatti hanno la forma che rappresenta una vita lunga e prospera, e sono facili da tagliare, cosa che simboleggia la rottura del legame con l’anno precedente e lo sguardo rivolto al nuovo.
Osechi-ryori è il pasto tradizionale giapponese consumato il giorno di capodanno, originario del periodo Heian: è composto da tre o quattro scatole bento impilate chiamate jubako che sono condivise tra i famigliari. Ogni scatola contiene piccole porzioni di cibo tradizionale giapponese ben preparato come frutti di mare, pesce crudo, verdure in salamoia e altro ancora. Il simbolismo in questo caso è nascosto nell’aspetto o nel nome di uno specifico ingrediente. Ad esempio, le fette di pesce bollito sono modellate per assomigliare all’alba, mentre i buchi nella radice di loto affettata significano un futuro senza ostacoli. Si dice che un altro ingrediente comune, il gambero, rappresenti la longevità e la vecchiaia, con la schiena curva e le lunghe antenne che ricordano la schiena arcuata e la barba di un vecchio.
Quando si mangia l’osechi-ryori è inoltre importante utilizzare un tipo speciale di bacchette chiamate iwaibashi, la cui caratteristica è quella di non assottigliarsi solo all’estremità usata per prendere il cibo, ma da tutte e due, perché un lato verrà utilizzato dal commensale, mentre l’altro lato si ritiene sia utilizzato da una divinità. Infatti osechi-ryori è qualcosa che viene offerto prima alla divinità, che poi permetteranno di condividere il cibo in modo da essere benedetto con un fruttuoso anno a venire. Quindi, anche se si pensasse che sia efficiente usare entrambi i lati delle bacchette per prendere del cibo dal piatto condiviso, sarà considerata un’azione irrispettosa nei confronti della divinità.
Insieme all’osechi-ryori è tradizione bere del vino dolce di riso chiamato otoso, un sake speciale che si dice scacci la sfortuna dell’anno passato e aiuti con la salute in quello nuovo, augurio che viene esteso anche agli eventuali ospiti: viene servito da una pentola laccata e versato in tre bicchieri poco profondi di diverse dimensioni da cui ogni membro della famiglia lo sorseggia, in ordine dal più giovane al più anziano in quanto tradizione vuole che le persone anziane possano assorbire parte della vitalità da quelle più giovani.
Tornando a temi più simbolici, il Giappone è anche famoso per le sue tradizioni legate all’osservazione e alla contemplazione, come quelle classiche dei ciliegi in fiore oppure della luna: per festeggiare l’arrivo del nuovo anno i giapponesi non si fanno mancare un’altra occasione altrettanto poetica, quella del ganjitsu, la contemplazione della prima alba dell’anno, chiamata hatsuhinode, ritenuta il momento esatto dell’arrivo dei Toshigami. Dal momento che si ritiene che questo giorno sia rappresentativo dell’intero anno a venire, si suppone che questa giornata debba essere estremamente gioiosa e libera da stress, rabbia e preoccupazioni, e durante la quale non dovrebbe essere svolta alcuna attività lavorativa.
Un’altra usanza sul tema della contemplazione e della visita, è quella legata alla prima preghiera dell’anno con la prima visita dell’anno ad un tempio: è la pratica nota come hatsumode, nella quale tutta la famiglia si riunisce in un tempio per pregare per le azioni positive e per gli auguri di buona fortuna, nella vita in generale, nel lavoro, nello studio e nei rapporti personali.
Sempre nei templi è possibile acquistare portafortuna, omamori, e biglietti di lotterie della fortuna, omikuji, entrambi molto popolari durante i primi sette giorni del nuovo anno. Al contempo i principali santuari raccolgono i vecchi incantesimi dell’anno precedente per l’incendio cerimoniale, perchè tradizione vuole che un anno di sfortuna attenda coloro che conservino i vecchi amuleti per un altro anno.
Un altro oggetto tipico acquistabile nei templi in questo particolare periodo dell’anno è l’hamaya, letteralmente la “freccia per spezzare il male”, una piccola freccia da acquistare durante l’hatsumode che porterà fortuna nel nuovo anno.
In Giappone, il primo sogno del nuovo anno, hatsuyume, è un altro modo per prevedere la fortuna nell’anno che si apre e per interpretarlo correttamente è necessario porre particolare attenzione ai suoi simboli principali: quelli più fortunati sono il Monte Fuji, perché è la montagna più alta, il falco, sinonimo di intelligenza e forza, e la melanzana, il cui termine in giapponese, nasu, è la stessa parola utlizzata per definire la “realizzazione qualcosa di grande”.
Le attività all’aperto raggiungono un diverso livello di interesse tradizionale anche grazie allo sport. Anche in Giappone la corsa è un’attività praticata a tutti i livelli e che desta particolare interesse in televisione. L’Ekiden di capodanno è una staffetta annuale da Tokyo a Hakone alla cui ripresa televisiva si collegano ascoltatori da tutto il Giappone: essendo il più grande evento di maratona della televisione nazionale, l’alto numero di spettatori è considerato una grande motivazione per i corridori professionisti. L’evento sportivo dura due giorni, suddiviso in dieci tappe da 21 km circa (mezza maratona) e crea spunti di discussione e conversazione durante tutto il periodo delle vacanze.
La tradizione legata alle attività consumate tra le mura domestiche vede invece i giochi più classici e la visione con tutta la famiglia di uno programma televisivo noto come Kohaku Uta Gassen, o più semplicemente Kohaku, uno speciale festivo annuale il cui nome è composto dai kanji per “rosso” e “bianco”. In questo evento, gli artisti musicali più popolari dell’anno vengono divisi in due squadre, una maschile (squadra bianca) e una femminile (squadra rossa) che si affrontano in una gara di canto e la squadra vincitrice viene proclamata attraverso i voti di giuria e pubblico. Molti cantanti giapponesi ritengono che il Kohaku sia il momento clou della loro carriera, mentre per il pubblico è un ottimo modo per sedersi e rilassarsi prima di affrontare le fatiche del nuovo anno.
Un’usanza molto particolare, che in Italia associamo invece più alla Pasqua, anche se di derivazione ebraica, è l’omisoka, tradizione ricca di simbolismi che richiamano la preparazione per il nuovo anno: quest’usanza è quella delle pulizie domestiche. Osoji è il termine associato a “grande pulizia”, ed è una tradizione a cui si applica tutta la famiglia per una pulizia completa e profonda della casa, durante la quale tutto ciò che non è necessario viene gettato via. I giapponesi ritengono che una casa pulita e ordinata schiarisca la mente e assicuri di essere pronta ad accogliere il nuovo anno, e in particolar modo, è importante che la casa sia immacolata prima dell’arrivo dei Toshigami.
Entrando invece nel reame delle attività più prettamente commerciali e lasciando il cibo e le contemplazioni a favore di qualcosa di simile ai nostri saldi di inizio anno, un’altra usanza tipica è quella del fukubukuro, traducibile letteralmente con “borsa della fortuna”, per la quale i negozi e i grandi magazzini riempiono delle borse con oggetti casuali rimanenti dall’anno passato e li vendono con uno sconto considerevole. Si dice che la tradizione derivi da un proverbio giapponese che recita “c’è fortuna negli avanzi” (Nokorimono ni wa fuku ga aru) e grazie a questa usanza tutti possono avvantaggiarsi di forti sconti, tanto da vedere lunghissime code fuori dai negozi già da prima dell’apertura il giorno di capodanno.
I soldi non porteranno la felicità, ma anche in Giappone si è sviluppata l’usanza di donare denaro ai bambini, tradizione derivata da quella di lasciare offerte di kagami mochi per i Toshigami. Nel tempo questa pratica si è sviluppata in quella che oggi è conosciuta come otoshidama, in cui gli adulti regalano ai propri figli una busta contenente denaro, solitamente tra 2.000 e 10.000 yen (all’incirca dai 15 ai 70 euro) a seconda della loro età. Il denaro viene consegnato all’interno di speciali buste decorative, pochibukuro, che di solito raffigurano l’animale dello zodiaco di quell’anno o altri simboli tradizionali giapponesi.
Dando quindi uno sguardo al proprio anno passato e pensando a quanto ci possa aspettare in quello nuovo, ai progetti da attuare, all’impegno costante con cui applicarsi non tanto per raggiungere un risultato di cui essere orgogliosi ma per la consapevolezza di aver agito nel migliore dei modi e con determinazione, a prescidere dall’esito, non resta che rimettersi in marcia verso una nuova tappa del proprio cammino, che auguro a tutti essere il più denso possibile di emozioni, sentimenti e azioni, all’insegna del Coniglio, che non amando i conflitti e le cui caratteristiche indicano tranquillità, gentilezza ed eleganza, dovrebbe far presagire un anno di pace e prosperità.
lele bo
Fonti
- https://en.wikipedia.org/wiki/Japanese_New_Year
- https://blog.gaijinpot.com/japanese-new-year-traditions-10-ways-to-celebrate-like-a-local/
- https://www.tsunagujapan.com/japanese-new-year-traditions-how-the-new-year-is-celebrated-in-japan/
- https://japantoday.com/category/features/lifestyle/Guide-to-New-Year-traditions-in-Japan