Tutti noi ci siamo avvicinati alla pratica delle arti marziali per le ragione più disparate: chi si e’ appassionato guardando i film di Bruce Lee, Akira Kurosawa o Miyazaki, chi guardando qualche Anime, chi perché alla ricerca di una pratica fisica individuale (e non solo) per tenersi in forma. Nella maggior parte dei casi però, questo interesse per la pratica marziale è spesso accompagnato dalla passione per il Giappone ed il mondo orientale.

Sono certo che i più fortunati di noi che hanno avuto la possibilità di compiere un viaggio in Giappone, non vedono l’ora di ritornarci e si sono chiesti almeno una volta come sarebbe viverci (personalmente, questo pensiero di colpisce 3-4 volte al giorno :P), mentre chi ancora non e’ andato, sogna di poter passeggiare tra le vie di Kyoto e nei parchi sotto i petali dei Sakura.

Con queste belle immagini nella mente, oggi parleremo con 2 ragazzi, Alex e Giacomo, entrambi praticanti di Iaido, che hanno fatto il salto che molti di noi sognano, passando un periodo lungo in Giappone per studiare, lavorare e praticare Iaido.

Ringrazio tanto entrambi per la loro disponibilità a raccontarci la loro esperienza, che personalmente reputo davvero interessante e che puo farci sognare un po’, soprattutto in questo periodo in cui possiamo viaggiare solo con la mente 🙂

Iniziamo con le presentazioni: Chi sei? Da dove vieni? Dove pratichi?

Alex: Mi chiamo Alex Ricci, vengo da Castelbianco, un paesino in provincia di Savona. Ho iniziato a praticare kendo e poi iaido ad Albenga. Ora Vivo a Sapporo e ho frequentato il dojo del maestro Kawamura sensei finché la pratica non è stata interrotta a causa della pandemia. Purtroppo, a quasi un anno di distanza, le lezioni non sono ancora riprese, tuttavia spero si possa tornare presto alla normalità.

Giacomo: MI chiamo Giacomo Gattuso, vengo da Zuccarello un paesino in provincia di Savona. Ho iniziato a praticare Iaido e Kendo contemporaneamente ad albenga circa 6 anni fa. Ho praticato Iaido a Sapporo dal maestro Kawamura sensei (Hachidan Kyoshi) per un periodo di circa 3 mesi, purtroppo poi per l’emergenza covid non ho potuto proseguire gli allenamenti.

Da dove nasce il tuo interesse per il Giappone e le arti marziali?

Alex: Il mio interesse per il Giappone e le arti marziali non ricordo esattamente quando sia nato. A sette anni iniziai a praticare karate stile shotokan ad Albenga, continuando fino a ventun anni, e praticando ho capito di avere una certa affinità con il mondo delle arti marziali. L’interesse per il Giappone nacque appunto dalla mia passione per le arti marziali nel periodo in cui frequentavo il liceo, infatti l’ultimo anno, trovandoli particolarmente affascinanti, iniziai a studiare i caratteri giapponesi. 

Giacomo: Il mio interesse è nato quando frequentavo le medie, ogni giorno dopo essere tornato a casa da scuola, guardavo sempre degli anime come dragonball, Naruto e One Piece mentre pranzavo; credo sia nato da li il mio interesse per il giappone e successivamente quello delle arti marziali giapponesi essendo comunque collegati.

Quando hai cominciato a pensare di passare un periodo in Giappone? Come ti sei mosso ed organizzato? Hai fatto tutto da solo o ti sei appoggiato a qualche agenzia specializzata?

Alex: Negli anni successivi studiai anche la grammatica basilare, cosa che tornò utile nell’estate del 2018 in occasione del viaggio che feci a Tokyo. Infatti avevo deciso di sostenere l’esame del JLPT, ossia l’esame di certificazione linguistica per il giapponese, che si sarebbe tenuto a dicembre di quello stesso anno e, non sentendomi abbastanza preparato, avevo deciso di frequentare un corso di un mese in una scuola di lingua a Tokyo. Era già parecchio tempo che stavo valutando la possibilità di vivere in Giappone e fu proprio in quel viaggio che mi decisi a provare seriamente. Tornato da quel viaggio iniziai a raccogliere informazioni riguardo le varie scuole di lingua disponibili. Le possibilità erano molte e ogni scuola aveva qualche caratteristica particolare. Alla fine ritenni che Sapporo fosse la scelta migliore e iniziai a inviare i documenti necessari, cosa piuttosto lunga ma non particolarmente difficile. Fatto ciò bastò pagare la retta scolastica e aspettare la data della partenza. Per l’organizzazione mi sono appoggiato a  Go!Go!Nihon, sono stati molto gentili e senza di loro difficilmente sarei riuscito a fare tutto da solo.

Giacomo: Finito il mio periodo di studio e dopo diversi anni passati a lavorare ho pensato che l’esperienza di un viaggio in giappone era qualcosa che dovevo fare.

Cercando un po su internet avevo trovato una pagina Go!Go!Nihon, su questa pagina davano una mano per trovare una scuola. Lanciandomi ho fatto questo salto e alla si è rivelata un’esperienza unica.

Parlaci un po’ della tua giornata “tipo” in Giappone

Alex: Onestamente la mia giornata “tipo” non la definirei molto interessante: a causa del virus cerco di non uscire più di tanto. Ovviamente non è vietato, solo che se dovessi ammalarmi potrei avere dei grossi problemi e preferisco non correre rischi. Generalmente passo la maggior parte della mia giornata tra il lavoro e lo studio. Non ho molto tempo libero, ma spero che gli allenamenti ricomincino presto, dato che non ho avuto molte occasioni di allenarmi, purtroppo.

Giacomo: Preferisco parlare della mia routine prima dell’inizio della pandemia, che risulta sicuramente più interessante: in genere la mattina la passavo a scuola, mentre il pomeriggio era diviso tra studio, dojo (ma anche palestra “normale”) e compere varie; di sera invece generalmente uscivo per mangiare fuori con amici, per fare un giro ed infine per andare un po’ a bere per locali, cosa che i Giapponesi amano molto fare 🙂

Purtroppo con la pandemia le giornate sono molto più piatte e per lo più stavo a casa.

Parlaci un po’ dell’esperienza di pratica in un dojo Giapponese

Alex: Sono entrato in contatto con il sensei chiedendo ai miei maestri in Italia che, molto gentilmente, si sono messi in contatto con il maestro Ishido in Giappone, che a sua volta mi ha messo in contatto con Kawamura sensei. Sono stato accolto in maniera molto gentile, anche se, in quel periodo parlavo ancora poco Giapponese e questo rendeva le cose un po’ più difficili. Il gruppo che ho trovato non saprei giudicarlo bene, dato che, appunto, ho avuto relativamente poco tempo per conoscerlo, però posso dire sicuramente che il livello medio era molto alto. La prima lezione Kawamura sensei ci ha presi da parte e ci ha chiesto di fare tutti i kata di seitei per valutare il nostro livello. Da quel momento abbiamo seguito le lezioni più o meno insieme a tutti gli altri praticanti. La maggior parte delle volte ci prendevamo il nostro spazio e studiavamo un kata mentre i maestri giravano e correggevano.

Giacomo: Anche io, come Alex, sono entrato in contatto con Kawamura sensei attraverso i maestri italiani e poi su raccomandazione del maestro Ishido.

Reputo di essere stato accolto molto bene. In particolar modo, la prima lezione individuale col maestro Kawamura è stata davvero interessante (anche se stancante) e da lì in poi siamo stati seguiti principalmente da 3 senpai, altrettanto gentili e bravi.

Il gruppo era composto da una ventina di persone, tutti più o meno sui 40 anni, quindi è stato un po’ difficile relazionarsi all’inizio per la mancanza di coetanei. Nonostante questo però il gruppo era molto affiatato e devo dire di essermi trovato molto bene.

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Secondo te, quali sono le differenze principali tra praticare in un dojo in europa e in Giappone?

Alex: Onestamente non saprei dire quali siano le differenze principali, ma spero di poterlo capire meglio appena riprenderanno le lezioni: avendo più fiducia nel mio giapponese sono convinto che la comunicazione sarà un po’ più semplice, o almeno lo spero.

Giacomo: Purtroppo in Giappone ho potuto praticare solo per qualche settimana, ma da quello che ho potuto apprezzare, l’allenamento in Giappone è prettamente individuale: tu arrivi, ti cambi, saluti i sensei, ti riscaldi, ti alleni per conto tuo e poi i sensei ti correggono qualcosa. Inoltre, penso che il modo di correggere e di insegnare siamo molto diverso in Giappone, per certi versi un po’ più attento ai dettagli, anche quelli più minuziosi. Altra cosa che ho percepito, forse perché fossi nuovo, era l’atmosfera molto più (forse troppo?) “seriosa” che si respirava all’interno del dojo.

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Qualcosa che non ti aspettavi e che ti ha sorpreso o deluso?

Alex: Onestamente non saprei, non penso ci sia nulla che mi abbia particolarmente sorpreso o deluso.

Giacomo: Nonostante me lo aspettassi, mi ha sorpreso (e deluso allo stesso tempo) un po’ la freddezza e il distacco dei Giapponesi, ed in parte anche il pregiudizio di alcuni verso gli occidentali: ci sono state delle occasioni in cui, camminando per strada, ho visto signore stringersi la borsa sul fianco al mio passaggio, o passanti che chiaramente cambiavano marciapiede pur di non incrociarsi con me. Questo è stato molto brutto.

Qual è il tuo piatto giapponese preferito?

Alex: Onestamente mi trovo in difficoltà a rispondere a questa domanda, essendo vegetariano. Generalmente cucino io sia a pranzo sia a cena, anche considerando il periodo. Riguardo la cucina tipica posso dire di apprezzare i dolci giapponesi, in particolare i dango.

Giacomo: domanda difficile perché la cucina Giapponese è tutta davvero buona! Ovviamente avevo già mangiato il sushi in Italia, ma la qualità di quello Giapponese non è lontanamente paragonabile a quello che possiamo trovare nei nostri ristoranti, il che mi ha stupito molto. Un altro piatto che ho apprezzato molto e che non avevo mai mangiato è il Ramen.  

Qual è il tuo monumento/parco/tempio/museo giapponese preferito?

Alex: Partendo dal presupposto che, ad eccezione del mese che ho passato a Tokyo nel 2018, non sono mai uscito da Sapporo, che è una città relativamente moderna, sotto questo punto di vista, direi che il luogo che più ho apprezzato è l’Hokkaidō Jingū (北海道神宮). Probabilmente il tempio shintoista più importante di Sapporo. Avendo avuto la possibilità di visitare l’interno ed assistere ad una funzione, l’ho apprezzato molto. In quell’occasione abbiamo partecipato con il resto del dojo ad una sorta di festa per l’inizio dell’anno nuovo (era gennaio 2020) e, dopo la visita al tempio, si è tenuto anche un breve allenamento. Probabilmente il fatto di averlo visitato con il resto del dojo influisce sul mio giudizio, però ciò non toglie che è un tempio veramente magnifico.

Giacomo: altra domanda ardua, soprattutto perché è difficile ricordarsi i nomi di tutti i monumenti e parchi 😛 sicuramente un parco che mi è piaciuto molto e che ho visitato spesso con i miei amici, è l’Ōdōri Kōen (大通公園).

Una volta che questa esperienza sarà conclusa, quali sono i tuoi piani per il futuro? Pensi di tornare/estendere la tua permanenza in Giappone?

Alex: In questo momento sono iscritto ad un corso che durerà altri tre anni, in seguito sono piuttosto motivato a cercare un lavoro in Giappone.

Giacomo: io sono già tornato in Italia e sicuramente tornerò in Giappone, perlomeno per viaggio e per visitarlo in maniera più completa. Anche dall’Italia però voglio continuare a studiare il Giapponese, perché lo ritengo molto interessante ed utile.

Per concludere, che consiglio daresti a chi vorrebbe fare un’esperienza come la tua?

Alex: Parlando di consigli, per chi fosse interessato a un periodo di studio in giappone, mi sentirei di consigliare di partire almeno con delle basi di giapponese: tendenzialmente tutte le scuole danno per scontata la conoscenza minima dei due alfabeti sillabici giapponesi (l’hiragana ed il katakana). Però, ovviamente, più solide sono le basi maggiori saranno i progressi che ci si può aspettare. Inoltre penso sia importante anche valutare con calma il periodo di studio che si vuole affrontare: per esperienza posso dire che molte persone faticano a proseguire per periodi particolarmente lunghi e finiscono per non godersi pienamente l’esperienza.

Riguardo il lato economico le spese dipendono veramente molto dalla città, dalla lunghezza del periodo di studio e dal tipo di vita che si vuole tenere. In particolare chi ha a disposizione un visto studentesco (se non sbaglio di durata superiore ai 3 mesi) può anche cercarsi un lavoro part-time. Lavorare part-time qui in Giappone la trovo un’esperienza molto educativa: l’ambiente è molto serio ed è richiesta quasi sempre una certa capacità linguistica (spesso JLPT N4), però è piuttosto semplice trovare lavoro e dà la possibilità di iniziare ad interagire veramente con dei giapponesi in contesti reali. Riguardo alla pratica consiglierei sempre di chiedere ai propri maestri: trovo sia la scelta migliore per evitare situazioni spiacevoli o fraintendimenti. 

Giacomo: Il consiglio che mi sento di dare è quello di impegnarsi, non aver paura di chiedere una mano, e soprattutto di buttarsi. Cambiare citta, continente, lingua, tutto questo necessariamente implica un cambio di vita e di abitudini che ci porta ad uscire dalla nostra zona di comfort, il che può spaventarci e bloccarci. Quindi, si, buttatevi 🙂 

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