«Kannon dalle mille braccia» ha mille braccia. Se la mente si fermasse sul braccio che tiene l’arco, renderebbe inutili le rimanenti novecentonovantanove. È proprio perché la mente non si ferma su un punto, che tutte le braccia hanno una loro funzione. Per quale scopo Kannon avrebbe mille braccia? Questa rappresentazione è creata con l’intento di mostrare agli uomini che, se essi liberassero la loro saggezza immutabile saprebbero che mille braccia avrebbero ciascuna il proprio compito.

Takuan Sōhō, Fudōchishinmyōroku II, in W. S. Wilson (a cura di), Takuan Sōhō. Lo Zen e l’arte della spada, traduzione italiana a cura di P. Gonnella, Mondadori, Milano 2001, pp. 24-25. [ed. or: The Unfettered Mind, Kodansha International Ltd., Tokyo 1986.]
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In questo secondo capitolo del Fudōchishinmyōroku Takuan Sōhō si concentra sul concetto di “saggezza immutabile”. L’espressione può essere fuorviante per il lettore occidentale, perché siamo culturalmente portati a pensare alla saggezza come ad un’attitudine eticamente connotata nei confronti della valutazione di un contenuto cognitivo. In questo senso, la saggezza è in primo luogo frutto dell’esperienza o dell’attività di riflessione su un particolare aspetto della vita, con implicazioni di natura relazionale. Allo stesso modo, l’immutabilità viene usualmente (e anche etimologicamente) associata all’assenza di movimento, perché, seguendo Aristotele, la perfezione esclude il movimento. Bene, sapendo queste cose dobbiamo operare uno sforzo cognitivo e ricaricare con una nuova semantica i due termini apparentemente familiari.

La saggezza di cui parla il maestro di Izushi si avvicina molto di più al concetto di intuizione. In altre parole, non è frutto di un’attività di ragione ma di una condizione percettiva frutto di un’esperienza cognitivamente aperta. Per trovare un paragone nella tradizione occidentale, si potrebbe pensare al procedimento di osservazione tipico dell’arte figurativa dei pittori impressionisti di fine XIX secolo. Ora questa peculiare forma di saggezza è definita “immutabile”, non perché sia ferma, ma anzi proprio perché per sua natura non si sofferma su nessun punto in particolare. Per quanto possa sembrare controintuitivo al nostro proprio modo di pensare, il movimento costante della mente garantisce lo stato di quiete tipico dell’esperienza descritta come “saggezza immutabile”.

Per questo motivo l’esempio della raffigurazione tradizionale della dea Kannon, dalle mille braccia, diviene particolarmente efficace nella rappresentazione sintetica di questo insegnamento esoterico. Il punto non consiste nel chiedersi il perché la dea abbia molte braccia, ma nel comprendere intuitivamente che ogni braccio ha il suo scopo nell’azione che compie in relazione all’intera figura.

Posso portare un’esperienza personali come esempio di ciò che tendiamo a non capire. Quando ero bambino mi piaceva molto disegnare; credo di aver riempito interi quaderni di figure mostruose, draghi e dinosauri. Più tardi, tentativi di volti umani o animali. Periodicamente incontravo l’ostacolo nell’occhio, nel naso o nella bocca. C’era qualcosa nel mio modo di disegnare che non mi soddisfaceva mai completamente. E allora mi fissavo sul particolare: osservavo avidamente fumetti e cartoni animati che mi piacevano per tentare di riprodurli sui miei fogli. Ad un certo ero diventato piuttosto bravo a disegnare gli occhi dei personaggi dei manga, e traevo particolare soddisfazione nel riprodurre ali da chirottero. E tuttavia, i miei disegni erano comunque immaturi, poco credibili. Qualcuno diceva che il diavolo si nasconde nei dettagli. Ebbene, certamente il mio focalizzarmi sul dettaglio mi impediva di valutare l’immagine nel suo insieme, di comprendere come sono i rapporti di proporzione e di logica distribuzione di luci e ombre a creare una raffigurazione credibile.

Mi sorprendo sempre per come ciò che mi appare così come è, nella mia esperienza visiva quotidiana, sia così difficile da riprodurre su un foglio o una tela.

La buona notizia è che questo non è impossibile. Richiede senza dubbio tecnica appropriata, studio, analisi. Eppure questo non basta affatto. Ne è solo la premessa. Perché la saggezza immutabile non consiste nell’attribuire un’attività ad ogni braccio di Kannon, ma nel comprendere come lo stato di quiete del bodhisatva nasce dal fatto che la sua esperienza non si soffermi su nessuna di esse. Qualcuno si chiederà in che senso tutta questa riflessione abbia a che vedere con lo iaido o con quello che attraverso di esso cerchiamo di imparare. Io sono persuaso che la risposta si trovi nel vostro dojo.

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