Da una colloquio col Maestro René Van Amersfoort (8.vo dan jodo, 7.mo dan iaido, 5.to dan karate, 4.to dan kendo) su quattro punti di attenzione nella pratica marziale in generale e dello iaido in particolare.
Premetto che sono quattro elementi che possiamo interpretare a livelli differenti a seconda della maturità di pratica del lettore. Ad esempio in nisoku, dove si va a toccare il tasto del movimento della parte bassa del corpo, si può partire da semplici elementi tecnici come il tenere i piedi paralleli o i talloni sollevati, per passare ad elementi più complessi come concentrare l’energia nella parte bassa del corpo, fino ad arrivare al trarre energia dalla terra.
Altra cosa da considerare è che si parte da quattro elementi apparentemente distinti e separati, sintetizzabili in: sguardo, piedi, spirito, tecnica, che tuttavia sono tutt’altro che separati, anzi, spesso s’intersecano nei contenuti, e che certamente concorrono alla creazione di un unicum che alla fine dei conti, nel nostro caso, è lo iaido.
Semplificando molto i concetti espressi da ichigan nisoku santan shiriki, potremmo applicare allo iaido la seguente sintesi: guardo, mi muovo e col giusto spirito, taglio.
- Ichigan
Ichi primo, gan faccia, sguardo.
Per prima cosa osservare. Metsuke o meglio ancora: enzan no metsuke, è lo sguardo che permette di vedere l’avversario, di stabilire con esso una relazione di tempo e spazio e con ciò di costruire uno dei pilastri del riai.
Ma gli occhi sono anche lo spechio dell’anima o meglio, in questo contesto, lo specchio del nostro spirito, se esso è calmo riusciremo a fare le cose al meglio, se non lo è, cercheremo di calmarlo con la respirazione. Non a caso la pratica inizia con mokuso.
Se siamo calmi, siamo rilassati e questo può consentirci di esprimere una tecnica fluida ed incisiva.
- Nisoku
Ni secondo, soku gambe e parte bassa del corpo, o meglio ancora la parte del nostro corpo al di sotto del seikatanden.
Un corretto ashi sabaki, movimento dei piedi, consente una corretta posizione delle anche, una corretta distribuzione del peso e di conseguenza concorre fortemente all’ottenimento di un corretto equilibrio e al mantenimento del centro durante l’azione.
Concentrare nella parte bassa del corpo l’energia e la forza consente di muovere la parte alta con fluidità e velocità maggiori.
Nisoku è infine il riuscire a creare un contatto, non solo fisico, col pavimento per trarre energia direttamente dalla terra.
- Santan
San terzo, tan tanden o seikatanden, il nostro centro dell’equilibrio sia in senso materiale, baricentro, sia concettuale, il centro del nostro spirito.
Controllare il proprio centro e mantenerlo stabile rispetto alle tre direzioni dello spazio è un punto fondamentale tramite il quale si realizza l’efficacia della nostra tecnica, controllando l’equilibrio.
A muoversi deve essere il seikatanden “il luogo dove ha origine la vita”.
Se lo facciamo correttamente, possiamo mostrare il nostro spirito combattivo ed essere rapidi, fluidi ed incisivi nell’azione.
Invece troppo spesso il nostro cervello prende il totale sopravvento. Costantemente bombardato da nuove o reiterate informazioni il nostro cervello elabora in continuazione subissato da differenti pensieri. Troppi pensieri, spesso inutili, rallentano l’azione. Il respiro diventa breve, di conseguenza aumenta il tasso di agitazione, d’ansia, di paura.
Eliminare il disordine dalla testa, ad esempio ragiungendo uno stato di calma attraverso la respirazione, consente di spostarci dalla mente cosciente a quella subcoscente realizzando quello stato di reattività che consente di ottimizzare al massimo i nostri movimenti.
Immaginate d’inciampare e cadere in avanti, se pensate: “adesso sto cadendo, non riesco a riprendermi, sarà opportuno mettere le mani avanti…” vi sarete già rotti il naso sull’asfalto! L’inconscio vi farà invece mettere subito le mani avanti senza bisogno di pensarlo …
- Shiriki
Shi quarto, riki forza e potenza.
Forza e potenza che non scaturiscono dai muscoli, ma da waza (tecnica, abilità).
Dal fare la “cosa giusta al momento giusto”, muovendosi in modo rilassato e trasformando il movimento del corpo in potenza e velocità, realizzando quindi un’azione fluida, morbida e tagliente ed un buon ki ken tai ichi.
Carlo Sappino, 6 dan

Carlo Sappino sensei ha spiegato nel suo articolo il concetto di “ichigan, nisoku, santan, shiriki” con meritevole profondità.
La presente si propone come piccola guida per cominciare a lavorare in modo pratico su questi punti d’attenzione, prima di affrontarli da un più complesso e personale punto di vista spirituale.
Sentii parlare per la prima volta di questa tematica allo stage di Savona di ottobre 2018 da René Van Amersfoort sensei, e mi colpì molto.
Durante i mesi seguenti ho provato ad esplorarne il significato, capire cosa poteva migliorare della mia pratica grazie a tale insegnamento e quali di questi principi sono più lontani dalla mia comprensione.
La trattazione del sensei Van Amersfoort presentava dei riferimenti spaziali precisi per i primi tre punti d’attenzione che possono essere di grande aiuto per affrontare lo studio da una base pratica:
- Ichigan: il punto mediano del segmento che congiunge gli occhi.
- Nisoku: la linea che congiunge i due avampiedi. La base della “piramide” formata dal nostro corpo.
- Santan: il seikatanden, situato circa tre pollici dietro il nostro ombelico.
Si può tracciare una linea che passa tra il punto individuato da Ichigan e quello individuato da Santan e prolungarla fino a terra. Tale proiezione, se la nostra posizione è corretta, dovrebbe intersecare la linea della “base” formata dagli avampiedi, che sono i nostri punti d’appoggio, con un angolo di 90° ed esattamente nel suo centro.
Per comprendere l’utilità di queste linee che percorrono il nostro corpo, possiamo osservare il nostro manichino di legno. Notate come nelle due figure con posture “sbagliate” le perpendicolari tracciate dai due punti Ichigan e Santan non si sovrappongono e finiscono in punti lontani dal centro della “base” della nostra figura.
“Figura sbagliata 1”:
- posizione: cifotica, con la testa e le spalle protese verso l’avversario, il collo contratto e nei casi più pronunciati il mento in avanti
- alcune cause possibili:
- errata postura di base, spesso sedimentata in anni passati a lavorare alla scrivania senza la pratica di alcuna ginnastica posturale atta a compensare
- contrazione muscolare eccessiva nella parte superiore della schiena e nelle braccia durante il taglio
- debolezza muscolare della schiena o delle braccia, che non riescono a gestire l’energia cinetica generata dal movimento della spada
- conseguenze:
- rigidità alla fine del taglio in tutta la parte superiore del corpo
- poca reattività nella prosecuzione dell’azione: un attacco di risposta di un avversario uscito illeso dal nostro colpo sarebbe molto difficile da parare o schivare poichè tutta la muscolatura è contratta e sbilanciata in avanti
“Figura sbagliata 2”:
- posizione: lordotica, con il bacino molto in avanti rispetto alla base della figura
- alcune cause possibili:
- rigidità nella gamba posteriore durante il passo
- tallone posteriore che rimane eccessivamente sollevato (in questo caso la gamba posteriore è invece piegata invece che estroflessa).
- irrigidimento della schiena nel caricamento del taglio, che si curva all’indietro durante il movimento
- energia nel tanden e nelle gambe insufficiente
- conseguenza:
- difficoltà nell’eseguire ulteriori passi con fluidità, in particolare all’indietro
- sensazione di scomodità
- scarsa padronanza dello spazio e conseguentemente dello scenario del kata
Shiriki
Shiriki è potenza data dalla tecnica. Per affrontarne lo studio in modo pratico mi piace pensare a questo principio formulandolo come segue:
Per rendere efficace, potente ed efficiente una tecnica bisogna usare il minimo quantitativo di forza necessario per mantenere la postura corretta durante tutto il movimento compiuto dal nostro corpo.
Le “posizioni sbagliate” sono spesso generate dall’uso eccessivo, troppo ridotto o spesso semplicemente inconsapevole dell’energia muscolare. In questo senso Shiriki diventa la guida stessa per mantenere i primi tre punti corretti.
Ogni variazione errata della contrazione muscolare genera un’alterazione nella postura.
Spesso ci concentriamo sulla posizione all’inizio o alla fine di un movimento, quando è facile valutarsi e correggersi, mentre Shiriki suggerisce che le alterazioni di postura si generino principalmente durante l’esecuzione della tecnica, mentre ci muoviamo.
Cercare quindi di individuare il punto esatto del movimento in cui nel nostro corpo un muscolo o un gruppo muscolare si contraggono a nostra insaputa può essere di grande aiuto per superare i nostri limiti nella pratica.
La magia della postura
Personalmente nel tempo ho capito che la mia “postura da scrivania” era davvero pessima. Un mix tra la “figura sbagliata 1” e la “figura sbagliata 2” deleterio per ogni lavoro di rilassamento o di raffinamento del taglio. Per molti anni non sono stato in grado di ottenere alcun miglioramento nonostante le innumerevoli correzioni e tempo speso dai maestri. Percepivo che ci fosse qualcosa di sbagliato nel mio corpo, e investivo un sacco di energie e stress nel cercare di capire e cambiare, ma tutti i miei sforzi risultavano inutili.
Molto spesso non siamo semplicemente pronti a recepire i messaggi dei nostri insegnanti, a dare il giusto significato a ciò che ci viene detto, ad analizzarci con completa sincerità. Magari crediamo di conoscerci meglio di chi ci parla, magari non vediamo che la strada che abbiamo davanti ha altre direzioni oltre a quella che stiamo percorrendo.
Tutto ciò non deve scoraggiarci.
È normale, fa parte della pratica, ed è una delle lezioni più importanti e a lungo termine che possono insegnarci le arti marziali. Probabilmente il nostro sforzo più grande come praticanti non è imparare le singole tecniche, ma imparare come avere una mente aperta e pronta a recepire il cambiamento in ogni momento. D’altronde, non è forse questo il modo per essere sempre in grado di rispondere con prontezza al nostro avversario?
Tornando alla postura, i quattro punti di attenzione evidenziati dal sensei Van Amersfoort sono stati in grado di far breccia nella mia mente e darmi dei cardini di riferimento per lavorare su questa tematica così ostica che andassero oltre gli esercizi posturali classici. Il lavoro svolto finora non ha certamente portato risultati qualitativamente ottimali, e le vecchie abitudini sono sempre dietro l’angolo, ma più riesco ad avvicinarmi alla “figura corretta” più cambia la sensazione che provo durante la pratica. Lo stress dovuto alle contrazioni muscolari superflue si dissipa e come per magia percepisco molto più serenamente il mondo circostante. Aumentano la sicurezza nell’esecuzione, la tranquillità necessaria per lavorare su altri obiettivi della pratica, la sensazione di rendere il kata non una forma costretta e incasellata ma una sequenza di tecniche scelte nel momento presente con uno scopo ben preciso.
Credo che questo lavoro durerà tutta la vita, ma spero che queste mie parole possano esservi di aiuto, accendendo una lucina sul vostro percorso di praticanti di arti marziali.
Pierluca Regaldi, 5 dan
Complimenti e grazie a Carlo e Piero San, non è solo interessante, è molto importante avere una riflessione sul nostro modo di essere. Dentro e fuori dal Dojo …