Vorrei provare ad esplorare, partendo sempre da un punto di vista personale, magari con qualche accenno di letteratura psicologica, alcuni aspetti importanti per approcciarsi nel miglior modo possibile ad un’arte marziale, mantenendo quel difficile equilibrio tra la nostra cultura occidentale e quella a cui tendiamo praticando, quella orientale.
Non è sempre facile capire quando e quanto esser severi con se stessi, quando è utile lasciare andare e riconoscere i propri limiti oppure quando può avere senso esprimere compassione verso se stessi (da non confondere con la pietà – come già citato nell’articolo “La mente Compassionevole”).
Avere flessibilità rispetto a queste componenti cognitive ed emotive credo sia fondamentale per progredire nella pratica e per prepararsi al meglio soprattutto agli esami da 6 e 7 dan, dove l’atteggiamento mentale riveste un’importanza cruciale.
Ormai in questo blog la rilevanza della mente e della parte psicologica è stata trattata a più riprese da diversi compagni e da differenti punti di vista, poiché è ormai innegabile come sia una componente imprescindibile in qualsiasi ambito, seppur ancora non gli venga ancora riconosciuta la giusta rilevanza.
Perché è importante la flessibilità? Poiché ci permette di “muoverci” all’interno delle nostre parti interne e passare da uno stato emotivo all’altro, da una riflessione all’altra, a seconda del momento, del contesto e delle fasi della nostra vita.
Seguire schemi rigidi di pensiero e rimanere bloccati in una o due modalità di percezione/lettura della realtà, credo non sia la giusta modalità per affrontare con serenità un percorso così lungo.
Perché non dimentichiamoci che un’Arte marziale dovrebbe, in teoria, essere per tutta la vita e pensiamo quindi a quanti cambiamenti subiscono nel corso degli anni il nostro corpo, la nostra mentalità, la nostra vita e così via.
E’ quindi necessario adottare un approccio che consideri questi aspetti e non rimanga ancorato ad un’unica visione delle cose, anche nella pratica.
Cosa intendo nello specifico?
Intendo che possono esserci momenti o periodi in cui siamo più stanchi, più stressati, fisicamente non in forma. Riconoscendo questa parte, e sarebbe già un grande risultato, potremmo forse comprendere come mai in palestra o durante una gara o un esame, non riusciamo a rendere quanto vogliamo o commettiamo errori per noi impensabili. Questo può accadere in quanto, forse, la mente è sovraccarica di altro e diventa difficile avere la lucidità, la tranquillità e la presenza per far “funzionare” il nostro corpo al meglio.
Non credo si debbano intendere queste “circostanze” come delle giustificazioni, perché in un modo o nell’altro noi esseri umani funzioniamo proprio così. Basta guardare agli studi sullo stress o a quanto emerso a seguito della Pandemia recente.
Abbiamo dei limiti innati, il nostro cervello è biologicamente predisposto per funzionare in determinati modi, con diverse scale di priorità specie-specifiche che ci contraddistinguono.
Nelle giustificazioni rientrano probabilmente tutte quelle mancanze o quelle costruzioni che ci auto-creiamo in momenti in cui in realtà potremmo rendere molto di più.
Ma è una prospettiva molto personale e dipende da molti fattori.
Tutto ciò, comunque, può alla fine scontrarsi con quell’atteggiamento di disciplina, sacrificio, rigore, determinazione e perseveranza tipico degli antichi Samurai e insito nella pratica delle Arti Marziali.
E può portare anche a contrasti tra le nostre parti interne o con persone e compagni che ci guidano o accompagnano durante il percorso. Perchè probabilmente per seguire questi valori ci scontreremo, a volte, con ciò che in realtà vorremmo o ci sentiremmo di fare in quel determinato momento/periodo della nostra vita o con chi, con pazienza e dedizione, ci allena e istruisce settimanalmente.
Su questo non credo ci siano risposte giuste o sbagliate, mettiamo il nostro cuore e il nostro impegno in una Via senza fine, con scopi e bisogni diversi per ognuno, e sta a ciascuno di noi valutare personalmente dove pende maggiormente la bilancia e cosa ci fa stare bene.
Per fortuna, non siamo in un epoca in cui dal nostro allenamento con la spada dipende la nostra vita, quindi abbiamo la possibilità di concentrare tutte le nostre energie su ciò che porta serenità e piacere al nostro corpo.
Credo, però, che l’aspetto importante sia la costanza e la perseveranza. Visto che è naturale e normale che ci siano periodi in cui appunto la nostra motivazione può calare, in cui non ci sentiamo efficaci o dove non vediamo risultati tangibili, non dovremmo interrompere gli allenamenti e la pratica, poiché il nostro corpo, in un modo o nell’altro, assimila qualche cosa ma soprattutto mantiene vive e “calde” tutte le nozioni precedentemente acquisite, seppur in maniera più superficiale o meno attenta.
E’ fondamentale, dunque, per quanto possibile, non fermarsi, perché riprendere dopo un lungo periodo di inattività porta inevitabilmente a dei rallentamenti, quantomeno.