L’allenamento libero

di Gabriele Gerbino
Gabriele Gerbino

Spesso mi interrogo sul tema della crescita e del migliorarsi, tanto nella pratica del Budo quanto nella vita quotidiana, a lavoro e nei rapporti con gli altri.

Riguardo al lavoro, mi chiedo “quali altri libri potrei leggere su questo tema?” o “a quale collega o amico potrei andare a chiedere qualche consiglio?” o ancora “quale altro corso potrei seguire?”.

Nello specifico dello Iaido, mi chiedo “a quale altro seminario dovrei partecipare?” o “quante altre decine di ore dovrei passare su YouTube a guardare video di shiai? :P”

Nonostante questi ambiti non sembrano avere molto in comune, sono dell’opinione che per migliorare, a prescindere dal contesto, bisogna approcciare qualsiasi tipo di “pratica” come uno “studio”.

Quando parlo con qualcuno, dico che “pratico Iaido da X anni”, ma in realtà vorrei dire che “studio Iaido da X anni”.

Per me la differenza e’ sostanziale: praticare significa svolgere una qualche attività, e di per sé non implica nessun tipo di frequenza né di impegno profuso; studiare significa, per certi versi, andare a fondo, approfondire ed implica una certa durata temporale estesa nel tempo.

Nello studio dello Iaido una componente fondamentale sta nel seguire dei buoni maestri, senza i quali sarebbe impossibile progredire. Ma per quanto ottimi questi possano essere, noi studenti dobbiamo metterci del nostro, attraverso lo studio appunto. 

La pratica libera ha un ruolo fondamentale in questo senso, che sia svolta in dojo oppure a casa in solitaria. E’ il momento in cui, dopo aver ricevuto correzioni e spiegazioni dai maestri, cerchiamo di capire come mettere in pratica quanto ci è stato spiegato.

Per esempio, se ho praticato un certo numero di volte Mae sotto la guida dei maestri e mi viene fatto notare che porto la spalla destra troppo avanti prima del nukitsuke, sfrutterò il tempo della pratica libera per cercare di capire perché sbaglio e come fare a rimediare: è perché non mi alzo correttamente e mi spingo leggermente in avanti? Oppure perché non faccio abbastanza sayabiki? Sono forse in ritardo sull’estrazione?

Questi sono i momenti in cui possiamo concentrarci su qualcosa di specifico che pensiamo/sappiamo non facciamo correttamente. Isolare un problema e’ un ottimo modo per riuscire a risolverlo senza il “rumore” causato da tutto ciò che c’e attorno: Mae ha ben 7 chakuganten e mille altri punti su cui porre attenzione, e personalmente trovo difficilissimo cercare di migliorarli tutti in una volta svolgendo 100 volte il kata; trovo molto più efficiente concentrarmi su un punto specifico (isolare il problema, appunto), capire come risolverlo (se ci riesco) e provare a risolverlo.

Ovviamente, per fare tutto questo, prima dobbiamo porci il problema di cos’è che non facciamo correttamente 🙂 

In questo modo, la pratica diventa attiva, diventa studio. E senza studio non c’è  apprendimento, non c’è crescita. 

Gabriele Gerbino

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