Non il solito seminario

di Carlo Sappino

Chiedo scusa ai lettori poco ferrati sul lessico specifico dello iaido, ma i termini utilizzati possono essere trovati nel glossario curato in questa sede da Anna Rosolini. Non mi sarebbe stato possibile sintetizzare il mio pensiero senza farvi ricorso, salvo diventare eccessivamente prolisso.

Superata la delusione di non poter vedere il Maestro Ishido Shizufumi, bloccato in Giappone da problemi personali, sono partito fiducioso sia per la presenza di Ishido Kotaro sensei, kyoshi nanadan, figlio del Maestro, sia per la presenza di un team di Maestri di alto livello.

Tema del seminario, come annunciato dallo stesso Maestro Ishido Shizufumi nel suo ultimo messaggio ai partecipanti, è l’approfondimento alle variazioni ai kata di seitei suggerite dai vertici della Zenkenren per ridurre il rischio infortuni e facilitarne l’apprendimento.

Quindi: sicurezza e didattica, due aspetti della pratica, che per mia formazione personale trovo particolarmente importanti. Quello che non mi aspettavo era la suddivisione dei tempi del seminario tra teoria, tantissima, e pratica, pochissima.

Venerdì pomeriggio, a tutti i seminaristi, sono state illustrate in dettaglio tutte le variazioni suggerite, ribadite poi sabato mattina nel gruppo degli alti gradi. A farsi carico delle spiegazioni i Maestri Oshita e Furuichi, entrambi kyoshi hachidan.

Summer seminar in Wroclaw

Sul tema della sicurezza spicca la modifica del kamae di tsuki sia nel quarto, tsukaate, sia nel decimo, shihogiri. Nella forma canonica, in entrambi i kata, il monouchi, posizionato all’altezza del petto/capezzolo sinistro, a fronte di un errato movimento di shibori del braccio sinistro nell’esecuzione di tsuki, può portare al ferimento del medesimo. Nella variante suggerita, la lama viene centrata su suigetsu per cui il kissaki risulta essere posizionato oltre il braccio sinistro evitando così ogni possibilità di colpirlo.

Altro punto evidente sul tema della sicurezza è il posizionamento più in alto rispetto alla tempia del pugno destro nell’esecuzione del grande chiburi sia in mae che in ushiro. Nel tempo non sono stati pochi i ferimenti durante questo passaggio e non solo con l’utilizzo di shinken.

Comunque, la maggioranza delle variazioni suggerite riguarda soprattutto modifiche alla postura e ad ashi sabaki, ovvero al movimento dei piedi. L’obiettivo pare essere la semplificazione dell’approccio al kata. Concetto che posso apprezzare da un lato ma che mi crea perplessità sotto altri punti di vista, soprattutto per quelle modifiche alle quali non sono riuscito a dare un senso se non quello di essere indirizzate a sdoganare quelli che ad oggi ritengo i più comuni errori. Sensazione rafforzata dalle continue raccomandazioni dei Maestri presenti al seminario di considerare positivamente le variazioni in sede d’esame.

Ad esempio: cosa significa impugnare prima il koiguchi e poi abbassare la lama nel chiburi di kesagiri rinunciando alla contemporaneità dei due gesti?

Tuttavia, ripensando a mente fredda a questa nuova interpretazione di seitei, mi posso facilmente collegare con le mie metodiche didattiche. Ai miei principianti dico sempre che all’inizio devono immaginare il kata come un blocco compatto di marmo, poi si comincia a scolpirlo, a sbozzarlo e nel blocco si comincerà a riconoscere un volume che diventerà la testa ed uno il corpo. Passo dopo passo, definendo sempre più gli elementi del kata cominceremo ad individuare le braccia e le gambe della nostra statua. Andando avanti nella pratica il kata, come la nostra statua di marmo, si modellerà aggiungendo dettagli e rifiniture. Unica differenza tra kata e metafora, sarà che la nostra statua-kata non sarà mai finita.

Queste modifiche suggerite posso ben inquadrarle in questo percorso formativo col quale il praticante è portato a ricercare il perfezionamento dei vari passaggi del kata partendo da situazioni facilitate. Non posso però fare a meno di chiedermi se l’obiettivo finale sarà comunque di portare il praticante ad eseguire la forma canonica. Non che questa debba essere considerata immutabile, ma che, come avvenuto nel tempo, la mutabilità sia legata a miglioramenti funzionali e realistici nei confronti del contesto e non a mere semplificazioni.

Resta latente, soprattutto per le modifiche posturali, questa impressione di rendere leciti alcuni errori comuni come la scarsa angolazione dell’asse delle spalle nel nukitsuke di mae, o la più accentuata apertura delle spalle sul primo taglio di morotetsuki, tanto per fare due esempi. Al contrario trovo razionale l’apertura delle anche nell’esecuzione dell’atemi di shihogiri che consente di passare più rapidamente alla successiva esecuzione dello tsuki sul secondo avversario, semplificando ashi sabaki.

Certo è, che molto probabilmente, il non comprendere alcune modifiche o dare loro un significato errato è solo un mio limite.

Tuttavia non posso non farmi due domande: in un esame da sesto dan in poi un candidato che eseguisse mae col torace poco angolato rispetto a shomen, sottintendendo così una maggior vicinanza dell’avversario con tutte le conseguenze di modifica degli aspetti del riai, come verrebbe valutato?

Seconda domanda: se in una competizione due contendenti di identico livello nella quale il bianco esegue i kata con tutte le modifiche suggerite mentre il rosso esegue le forme canoniche come scritte sul libro della Zenkenren, che bandierina dovrebbe alzare l’arbitro? Ovvero: esiste una gerarchia tra le due forme?

Al di la di questi dubbi, ho portato a casa importanti informazioni che sicuramente utilizzerò nella mia didattica, soprattutto con i principianti, ed alcuni suggerimenti e correzioni dei maestri che ho ricevuto nei pochi momenti di pratica e per i quali ringrazio Kotaro Sensei, Rene Sensei e Momiyama Sensei.

Un’ultima cosa, ho molto apprezzato la cucina locale, ma soprattutto la bellezza di questa città polacca, pienamente mitteleuropea nei suoi bei viali, nei palazzi, nei parchi e nei monumenti, ma soprattutto nella sua conservazione e cura. Vale sicuramente la pena di pensarla come una meta per un prossimo viaggio di piacere che magari possa comprendere altre città come Cracovia o Poznan o Danzica.

Summer seminar in Wroclaw

Chiudo con un ringraziamento particolare ad Andrea Crema, un amico ed ex allievo di Albenga, che da anni vive in questa città, nostra guida nelle ore libere di domenica sera.

Carlo Sappino

clicca qui sotto per leggere le riflessioni
1
2
3
4
Previous articleTakuan Sōhō – 10
Next articleIntervista André Schiebroek
Lo IAIDO alla Kiryoku SGT TORINO inizia dalle basi e cioè dai kata della Zen Nippon Kendo Renmei, serie di 12 kata creati in tempi moderni dalla Federazione giapponese (che comprende anche il Kendo e il Jodo) con lo scopo di creare una base comune a tutti i praticanti di Iaido. I 12 kata della ZNKR provengono dalle scuole antiche principali e costituiscono la base per gli esami e il conseguimento dei gradi.
Nato ad Arezzo nel 1952, vive a Savona dal 1967. Membro fondatore della odierna asd Circolo Scherma Savona Kendo dal 1985, dove oggi cura il settore iaido. Avvicinatosi giovanissimo alle arti marziali, ha maturato svariate esperienze nei dojo liguri di judo, aikido e karate per poi innamorarsi della spada giapponese, approdando al kendo (yondan) e successivamente allo iaido (renshi nanadan) dove segue gli insegnamenti di Danielle Borra Sensei.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here