L’allenamento libero
di Alessio Rastrelli

Mi sono spesso domandato se fosse possibile imparare lo iaido senza un sensei.
La mia personale risposta, oggi che ho qualche anno di pratica alle spalle è: No, non è possibile!
Nello iaido la presenza di un esperto che aiuti ad insegnare i fondamentali e monitorare i progressi, è essenziale.
E’ troppo facile, senza la guida di un sensei, incorrere in posture, movimenti e tecniche non corrette o interpretate male. E nello iaido, dove la forma è tutto, è di fondamentale importanza che ci sia sempre qualcuno capace di insegnare e correggere.
Per mia fortuna ho sempre a disposizione due sensei di altissimo livello pronti a correggere i miei errori e a condurmi per mano sulla Via della spada.
Con loro, progredire nella Via diviene un piacere prima che un dovere.
Il loro stile di insegnamento prevede una doppia tipologia di pratica: di “gruppo” e “libera”.
La prima, quella di “gruppo”, è quella classica occidentale, in cui l’istruttore conduce un allenamento per tutti i partecipanti, in modo da poter insegnare più cose possibili, a tutti, nel più breve tempo possibile. Considerando le ore a settimana che un qualsiasi praticante riesce a fare in dojo durante una lezione, questo tipo di pratica risulta la più efficiente per il miglioramento collettivo.
L’altra, la pratica “libera”, in stile Giapponese, prevede un momento tutto nostro, in dojo, sotto la supervisione dei nostri sensei, in cui possiamo provare, sperimentare e correggere tutti i nostri errori. La pratica “guidata”, infatti, non sempre ci permette di approfondire alcuni concetti e soprattutto c’è il rischio di allenarsi, eseguendo gli stessi movimenti automatici di sempre, senza una mente attiva, senza un’attenta auto analisi, senza concentrazione, tanto c’è sempre l’istruttore che ci guarda e ci corregge.
Invece avere il tempo per meditare sulla propria pratica è fondamentale, ci permette di avere uno spirito critico su noi stessi, su cosa, come e perché lo facciamo. Ultimamente sento spesso il concetto di godere della propria pratica [Do you ENJOY it? di Stefano Banti / Gei Ni Asobu di Louis Vitalis sensei] ma come si può essere felici di praticare un’arte marziale (in particolare lo iaido) se non si raggiungono gli obiettivi prefissati.
Abituato alle lezioni in gruppo, la prima volta che i sensei ci hanno lasciato alla pratica “libera” mi sono sentito perso. Non sapevo che fare, ho cominciato con una sequenza dei 12 kata ZNKR ma è stata una noia mortale. Da una parte mi veniva richiesto uno sforzo mentale di decidere cosa fare e dall’altro non c’era più quello spirito di gruppo dove tutti partecipano allo stesso modo e allo stesso tempo.
Sinceramente non vedevo l’ora che finisse il tempo a disposizione in attesa della successiva lezione di gruppo.
Solo dopo molto tempo, grazie all’esperienza in Giappone nel dojo di Ishido Sensei e all’essere io stesso istruttore in altro dojo, mi sono reso conto che quel momento di pratica libera non solo poteva essere di grande aiuto per il mio miglioramento ma che era un tipo di pratica proficua e divertente che dovevo assolutamente fare.
Tutti vogliono cambiare, ma nessuno vuole fare le cose diversamente.
Ecco che allora, ho cercato di cambiare mentalità, ponendomi degli obiettivi e cercando di raggiungerli proprio con la pratica libera. Da quel momento aspetto con ansia l’ora in dojo dedicata a questo tipo di allenamento.
Ho già scritto cosa penso della pratica libera nell’articolo “Perché Natali è meglio di Rastrelli“.
Non mi ripeterò, voglio solo confermare quanto già scritto e aggiungere che, per la mia personale esperienza, senza pratica libera il mio miglioramento impiegherebbe molto più tempo.
Arriva un momento in cui ci si rende conto che le correzioni ricevute sono tante e che durante la lezione non c’è il tempo necessario per metterle a posto. A volte, una singola correzione richiede molte prove e molto tempo per cambiare. Bisogna prima di tutto capire cosa ci è stato detto dal nostro sensei, poi analizzare cosa facciamo noi di sbagliato, poi cercare di correggere. E modificare un movimento errato, acquisito e automatizzato da anni, è molto ma molto difficile.
Richiede tempo, concentrazione. Bisogna scomporre la singola azione, con un movimento dapprima lento fino ad arrivare ad un automatismo a velocità reale.
E più sono le cose da correggere e più c’è bisogno di tempo per cambiare. Ma dove lo troviamo tutto questo tempo?
Si potrebbe provare a casa, ma non sempre c’è il tempo, lo spazio e la voglia per farlo. Eppure basterebbero pochi minuti al giorno per migliorare di molto la nostra pratica.
Ricordo che Claudio Zanoni dice spesso che ogni momento della nostra giornata è buona per pensare allo iaido. A casa, per strada, in auto, al lavoro. E già, perché la pratica libera non è solo con una spada in mano ma anche ripensare ad un singolo kata, ad una specifica tecnica, ai chakuganten, alla propria postura, al modo di camminare, di respirare, di rilassarsi, insomma tutto concorre a migliorare il nostro iaido.
Durante una lezione in dojo mi vengono fatti notare tantissimi difetti ed errori ed è molto probabile che se non c’è un attimo, tutto per me, in cui ripenso a cosa mi è stato detto, arrivo alla successiva lezione che non ricordo più nulla delle correzioni ricevute. Ecco che il miglioramento rallenta, con frustrazione da parte mia e dei miei sensei, costretti a ripetermi sempre le stesse cose.
Anche leggere e rileggere il Manuale è una forma di allenamento! Per non parlare di studiare al rallentatore [Coach’s Eye: il tuo sensei virtuale] il video di un kata fatto da noi!
Tutto questo solo per dire che la pratica libera ha avuto su di me un evidente vantaggio. Che si tratti di imparare un kata o correggere una tecnica, per me, non è mai qualcosa di semplice. Ho bisogno del mio tempo, di capire, di sbagliare, di correggere, di ripetere e ripetere ancora. Non ho tempo durante una lezione “guidata” per tutto questo, non mi resta che attendere l’ora di pratica libera.
La pratica libera mi costringe a ricorrere all’autocritica e alla correzione soprattutto per cercare di cambiare le cattive abitudini, come la rigidità, il movimento a scatti, la poca fluidità.
Ma non solo, un allenamento libero migliora la concentrazione e la concentrazione consente un’esperienza più meditativa. Lo iaido non è solo un’esperienza fisica ma anche spirituale. E come potete ben immaginare è veramente difficile meditare ed “essere in armonia” durante una lezione di gruppo.
Il mio consiglio è quindi di approfittare della pratica libera ogni qual volta ne avete la possibilità perché se è vero che non si può imparare senza un sensei, è altresì vero che non si può cambiare e migliorare senza anche un allenamento libero.
Alessio Rastrelli