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L’ultimo seminario CIK dedicato agli istruttori di Iaido, magistralmente tenuto da Claudio Zanoni, coadivato da Detlef Uedelhoven e Andrea Setti, è stato caratterizzato dalla responsabilità e dalla comunicazione.

Slide sulla sicurezza by Claudio Zanoni
Slide sulla sicurezza by Claudio Zanoni

Dopo una interessante introduzione sulla sicurezza e la responsibilità dell’istruttore, temi sui quali a mio avviso non si parla mai abbastanza, ho particolarmente apprezzato questa edizione focalizzata sul metodo piuttosto che sulla tecnica. Nella vita professionale sono spesso coinvolto in quelle azioni definite T3 (Train The Trainer) ovvero Istruisci l’Istruttore, nelle quali una persona definita come SME, Subject-Matter Expert, con una particolare preparazione in un’area definita, mette a disposizione la propria esperienza per educare coloro che a loro volta dovranno spiegare quella data cosa a qualcun altro. E attraverso il feedback e le diverse prospettive ed esperienze dei partecipanti, il gruppo diventa una vera e propria comunità, in grado di condividere costruttivamente il sapere e infine contribuendo a distribuire un’appropriata educazione.

Questo seminario è stato proprio impostato su questo fondamentale scambio, che va oltre la pratica dello Iaido, la conoscenza dei kata o la comprensione del Budo, che sono a mio avviso certamente parti fondamentali della formazione, ma altrettanto sicuramente non differenzianti un praticante da un insegnante. Il tema centrale del seminario è stato da ricercare nell’ambito delle qualità e delle capacità di un insegnante nel rapportarsi con i propri studenti attraverso preparazione, metodo e comunicazione.

La quarantina di partecipanti è stata divisa in una decina di gruppi, omogenei per gradi, con un compito preciso: l’esecuzione di un kata a turni e il successivo commento correttivo, non semplicemente per evidenziare gli errori, nel caso, ma per come correggerli. Dopo aver assistito all’esecuzione guidata di un kata, evidenziandone alcuni punti qualificanti anche attraverso la lettura comparativa da diverse versioni del testo della ZKNR e commentando l’esecuzione alla luce delle indicazioni fornite, le commissioni hanno quindi fornito spunti di analisi affinché ogni gruppo potesse proseguire sulla falsariga, e dopo una mezz’oretta ricongiungersi con gli altri gruppi per uno shugo completo nel quale condividere la propria esperienza formativa, a prescindere da grado, età, e tipologia di studenti a cui ci si rivolge.

Nella sua applicazione più elementare, la comunicazione è alla base di un rapporto, e in questo caso non solo quella tra istruttore e praticante, ma anche, e soprattutto i questo caso specifico, tra istruttori. Ne è nato un confronto costruttivo, al quale tutti hanno potuto partecipare, come dovrebbe essere in un vera comunità con una passione e un compito comune, quello della divulgazione e dell’educazione attraverso un coinvolgimento positivo ed entusiastico.

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Seminario istruttori iaido CIK. Foto di Gege Marsilli

Non sono ovviamente mancati i momenti in cui si sono affrontati esempi personali specifici, e di nuovo il livello di comunicazione è stato il più aperto e trasparente possibile, per poter crescere, come persone e come gruppo, in accordo con i Principi del Kendo della ZKNR.

A meno che non intervengano fattori particolari, una Via si percorre per tutta una vita: diventare istruttore non è quindi un punto di arrivo, ma solo un altro punto di passaggio, che si dovrebbe attraversare con piena consapevolezza, non come atto dovuto in funzione di altri meriti. Un istruttore ritorna studente lui stesso, con l’umiltà che ne consegue, attraverso uno studio diverso e per certi versi più difficile, perché mediato da una esperienza personale maturata negli anni che porta a preconcetti. 

Shunryu Suzuki ci ricorda come una mente vuota sia sempre pronta per, e aperta verso, qualsiasi cosa, e ancora come nella mente del principiante ci siano molte possibilità, al contrario di quella dell’esperto. E’ fondamentale quindi saper vedere, sapersi interrogare e saper elaborare un metodo efficace, e soprattutto sapersi confrontare, pronti a cogliere un suggerimento da chi possa aver vissuto un’esperienza simile ma vista da un’altra prospettiva. Come un principiante comincia a copiare un maestro nella sua prima personale fase dello shuhari, un istruttore può sicuramente fare riferimento ad un altro istruttore per ampliare le proprie vedute ed appropriarsi di tecniche diverse, prima copiando e poi personalizzando, per cercare di superare un empasse.

Un seminario quindi che ha portato all’attenzione dei partecipanti la necessità di dialogare e di costruire insieme, come una vera comunità dovrebbe fare, senza i timori del confronto, oltre alla necessità di ampliare le proprie conoscenze e i propri metodi, in un percorso di studio senza fine alimentato dall’interesse e dal divertimento nell’applicarsi.

Come ci ha insegnato Musashi, è difficile comprendere l’universo se si studia un solo pianeta.

lele bo

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