Miyazaki Hayao, il regista di animazione forse più apprezzato al mondo, ha compiuto in questi giorni, il 5 Gennaio per la precisione, ottanta anni: con una carriera lunga oltre cinquant’anni, una filmografia vasta quanto l’elenco dei riconoscimenti vinti, un nuovo lungometraggio in uscita e l’immagine indissolubilmente legata a quella dello Studio Ghibli, è il candidato ideale per una nuova lettura biografica di un altro enorme personaggio giapponese che ha influenzato, e continua a tutt’oggi, l’arte dell’animazione. Poliedrico artista, Miyazaki è un regista, sceneggiatore, animatore, fumettista e produttore cinematografico giapponese, il cui nome è inoltre intimamente legato a quello dello Studio Ghibli, studio cinematografico d’animazione da lui fondato nel 1985 insieme al collega e mentore Isao Takahata ed oggi ritenuto uno dei più importanti del settore. È considerato uno dei più influenti animatori della storia del cinema e secondo molti il più grande regista d’animazione vivente: la sua figura è stata paragonata più volte a quella di Walt Disney per l’importanza dei suoi contributi nel settore dell’animazione e ad Akira Kurosawa per la centralità nella storia del cinema giapponese. Stando alle dichiarazioni di Miyazaki stesso, i suoi film non furono sviluppati seguendo uno schema prestabilito e sperimentato, o trattando un tema ricorrente, tuttavia molti dei suoi film presentano delle ricorrenze a livello di temi trattati, di scenari o di personaggi. Il mondo di Miyazaki, è fondato sull’educazione, sulla sensibilizzazione e sulla curiosità, sull’infanzia e sull’animazione a questa dedicata, su valori universali ecologici e ambientalistici, sul rapporto tra bene e male, sul ruolo delle donne, sul pacifismo, e ancora sull’amore, la politica e la sua passione per il volo. Miyazaki dichiarò anche di sentirsi colpevole in merito ai guadagni della sua famiglia durante la seconda guerra mondiale, e la sua avversione per il militarismo si rifletterà in film come “Nausicaa della valle del vento” e “Porco Rosso”. In parte per sfuggire ai bombardamenti americani di Tokyo e in parte per essere più vicino all’azienda di famiglia Miyazaki Airplanes nella città di Kanuma, il padre del maestro si trasferì insieme alla famiglia a Utsonomiya, dove visse dal 1944 al 1946. Durante questo periodo il giovane Hayao familiarizzò con la foresta, mentre la madre, malata di tubercolosi spinale dal 1947 al 1955, passò tre anni in ospedale: due temi importanti, che prefigureranno la situazione familiare e caratterizzeranno una delle sue opere più note, “Il mio vicino Totoro”.
Miyazaki è nato a Tokyo, nel 1941. Fin da quando era studente il suo interesse per la letteratura per ragazzi apparve molto acceso: divorava decine e decine di libri scritti in tutto il mondo ed essendo un superbo disegnatore, dopo essersi laureato nel 1963 all’Università di Gakushuin in Scienze Politiche ed Economiche, entrò a far parte della Toei Animation Company.
Come animatore, Miyazaki lavorò a molte serie e lungometraggi, spesso in collaborazione con Isao Takahata: tra le sue serie televisive più note, diresse “Conan, il Ragazzo del Futuro” nel 1978 e, debuttò come regista nel primo dei suoi lungometraggi, “Lupin III: Il Castello di Cagliostro” nel 1979, un film che si discostava parecchio dagli standard del franchise di Lupin III, ma che tuttavia risultò gradito alla critica, vincendo un Ofuji Noburo Award al Mainichi Film Concours dello stesso anno. La storia era divisa in quattro parti, ma al completamento della terza furono fatte delle modifiche per non sforare il tempo previsto di durata: l’animazione cominciò quando la creazione degli storyboard era ancora incompleta e il regista dovette completarli in fretta durante le fasi dell’animazione stessa, mentre l’intero processo produttivo fu ultimato poche settimane prima dell’uscita nelle sale, avvenuta a fine anno. Come succederà anche in produzioni successive, alcuni degli elementi del film furono presi dalla vita reale, come la famosa Fiat 500 F di Lupin, che era la macchina dell’animatore Yasuo Otsuka, o l’auto utilizzata da Clarisse, una Citroen 2CV, che fu la prima auto posseduta da Miyazaki stesso.
Agli inizi degli anni Ottanta Miyazaki ha vissuto a Los Angeles per approfondire lo studio e l’arte dell’animazione e uno dei suoi migliori studenti, e futuro amico, di questo periodo fu John Lasseter, che diventerà Chief Creative Officer, la mente creativa di Walt Disney Animation Studios, Pixar Animation Studio e DisneyToon Studios, nonché regista di Toy Story, A Bug’s Life e Toy Story 2.
In occasione di un discorso a titolo promozionale che fu invitato a tenere al Tokyo International Film Festival anni più tardi, Lasseter portò un profondo e personale tributo al Giappone e al suo iconico mentore Miyazaki, che si concluse con le parole Grazie, Giappone, per avermi fatto diventare quello che sono: il discorso fu attentamente scritto e portato ai microfoni con un grandissimo entusiasmo e con l’intenzione di educare la platea di un teatro sovraffollato oltre che alla promozione.
In questo periodo Miyazaki scrisse e illustrò la serie grafica di “Nausicaa della Valle del Vento”, molto apprezzata dalla critica, da cui verrà tratto un film d’animazione d’avventura basato sui primi sedici capitoli, ambientato in un mondo post-apocalittico, e incentrato sulla storia di Nausicaa, la principessa della Valle del vento, e la sua lotta contro Tolmekia, un regno che cerca di usare un’arma antica leggendaria per distruggere la giungla tossica, il complesso sistema di insetti mutanti giganti che ha intossicato il pianeta. Sebbene realizzato prima della sua fondazione, è spesso considerato un prodotto dello Studio Ghibli, ricevendo fin dalla sua uscita il plauso della critica, che ne elogiò storia, tematiche, personaggi e qualità dell’animazione.
Miyazaki incorse in diverse difficoltà nella stesura della sceneggiatura, a causa dei pochi capitoli del manga a disposizione su cui poter lavorare: si dedicò prevalentemente alla realizzazione dei disegni preparatori e al design del personaggio principale, mentre la fase di animazione si sviluppò grazie ad una ventina di animatori assunti espressamente per il film e pagati a fotogramma. Il film uscì infine nelle sale giapponesi nel 1984, dopo un periodo di produzione di appena nove mesi e un budget equivalente ad un milione di dollari.
Dopo l’esperienza negli anni Sessanta agli studi della Toei e della TMS Entertainment, e dopo aver lavorato dal 1971 fino alla metà degli anni Ottanta alle dipendenze di aziende cinematografiche d’animazione come A Pro, Zuiyo Pictures, dove disegnò Heidi-la ragazza delle Alpi, e Tokuma Production, e grazie alla buona resa al botteghino di Nausicaa, nel 1985 fondò lo Studio Ghibli insieme a Takahata.
Ghibli è il nome che, durante la Seconda Guerra Mondiale, i piloti italiani in Nord Africa diedero ad un vento caldo proveniente dal deserto del Sahara, ed è anche il nome usato per indicare i loro aeroplani da ricognizione. Hayao, uno dei quattro figli di Katsuji Miyazaki, un ingegnere aeronautico e direttore della Miyazaki Airplanes che realizzava componenti per i velivoli, che ha da sempre una passione per i vecchi velivoli, ne era a conoscenza e decise di usare questa parola come nome per il nuovo studio: “facciamo soffiare un vento caldo nel mondo dell’animazione giapponese!”. Piccola nota di colore, anche se Ghibli è una parola italiana, la pronuncia di Miyazaki è jee-blee, ji-bu-ri in giapponese.
A corollario dell’infinita creatività di Miyazaki, oltre alla pubblicazione di numerosi libri con poesie e illustrazioni, disegnò anche alcuni edifici, tra i quali il Museo Ghibli, nel parco di Mitaka di Tokyo, in seguito allo scontro del regista con le richieste dei produttori a proposito dei suoi prossimi film. Nel 1985, grazie all’aiuto della Tokuma Shoten, Miyazaki e Takahata riuscirono a realizzare il loro sogno e fondare un proprio studio di animazione: nacque così lo Studio Ghibli.
I due film successivi prodotti dallo Studio Ghibli furono “Il mio vicino Totoro” di Miyazaki e “La tomba delle lucciole” di Takahata: l’uscita simultanea dei due film diretti dai due registi giapponesi di maggior talento fu salutata come una sorta di evento, ma generò anche il caos allo stato puro, in quanto la filosofia dello Studio Ghibli (mai, per nessun motivo, sacrificare la qualità) doveva essere mantenuta a tutti i costi: la crescita dello Studio come società e come attività commerciale aveva infatti sempre avuto un’importanza secondaria. I risultati al botteghino de Il mio vicino Totoro e La tomba delle lucciole furono inferiori alle aspettative, ma la critica fu entusiasta: Il mio vicino Totoro vinse la maggior parte dei premi cinematografici giapponesi, La tomba delle lucciole venne definito come una vera opera d’arte, e lo Studio Ghibli iniziò ad essere finalmente noto nell’industria cinematografica giapponese, anche se non ancora al grande pubblico.
Il mio vicino Totoro, inoltre, potè contare su un profitto inaspettato: la versione in peluche del personaggio diventò un grande successo nei negozi di giocattoli giapponesi. I pupazzi uscirono sul mercato quasi due anni dopo l’uscita del film e per ironia della sorte, grazie alle vendite di Totoro lo Studio Ghibli fu in grado di coprire il deficit nei costi di produzione di altri suoi film. Totoro diventò infine anche il logo dello Studio, usato a partire dal 1991 con “Pioggia di ricordi” di Takahata Isao e raffigurante un O-Totoro (“Grande Totoro”) di profilo con un Chibi-Totoro (“Piccolo Totoro”) sulla testa su uno sfondo blu, mentre sotto di essi campeggiano le scritte ”Un prodotto Studio Ghibli” e “Studio Ghibli”.
Il 1989 è l’anno in cui “Kiki’s Delivery Service” sbancò il botteghino, mettendo però lo Studio Ghibli di fronte a problemi come cosa fare della società e come mandarla avanti: lo Studio Ghibli aveva un lungo futuro di fronte a sé, e doveva quindi affrontare il reclutamento, l’assunzione e lo sviluppo di uno staff permanente. Mentre le condizioni dello Studio migliorarono, per il resto dell’industria giapponese cominciò il declino. Miyazaki capì che per realizzare film di qualità in una congiuntura simile era indispensabile una base operativa fissa e un’organizzazione ben salda: fu l’inizio della seconda fase dello Studio Ghibli.
Sempre nel 1989, durante la produzione di “Pioggia di ricordi” di Takahata, su idea di Miyazaki furono assunti degli impiegati a tempo pieno, si perfezionò un programma di training sull’animazione e si istituì un regolare reclutamento annuale: insieme agli stipendi, raddoppiarono anche i costi di produzione dei film e per la prima volta lo Studio Ghibli fu obbligato a concentrarsi in modo maggiore sulla pubblicità e sulla promozione dei suoi film, con un occhio inevitabilmente puntato sugli incassi. Ma questo non significò che le decisioni commerciali influenzarono il processo creativo: Hara Toru, all’epoca direttore generale dello Studio Ghibli, descrisse lo Studio “con tre A: Alto Costo, Alto Rischio, Alto Rendimento”. Produrre un lavoro di alta qualità richiedeva alti costi di produzione e impegnare tutti i proventi nella produzione di un film la cui buona accoglienza al botteghino non poteva mai essere garantita era un rischio enorme. In quel preciso momento della storia dello Studio, le difficoltà di impiegare uno staff a tempo pieno e di pagare delle retribuzioni mensili spinse Ghibli ad avviare un moto di produzione continua, iniziando così a mettere in cantiere il suo film successivo, “Porco Rosso”, prima ancora di terminare “Pioggia di ricordi”, scritto e diretto da Takahata.
Miyazaki cominciò a lavorare su Porco Rosso da solo, mentre il resto dello staff era ancora impegnato nelle fasi finali, e più convulse, di Pioggia di Ricordi: forse anche per lo stress di essere l’unico componente dell’unità produttiva di animazione, improvvisamente Miyazaki propose di costruire un nuovo Studio. Il nuovo lavoro è nuovamente fedele ai temi cari al maestro come il volo, la condanna del fascismo, la maledizione e le metamorfosi, la rinuncia ad una distinzione netta tra buoni e cattivi.
Da notare anche che il maiale è un animale simpatico a Miyazaki, tanto che lo Studio Ghibli è anche detto buta-ya, la casa del porco, per via di un’insegna vittoriana raffigurante un maiale che campeggia sul portico dell’edificio. Porco rosso può leggersi, infatti, come insulto fascista, dal momento che la posizione politica del protagonista è chiara nella sua scelta contro il regime, che lo ha per questo messo all’indice, riducendolo ad essere un reietto cacciatore di taglie. D’altra parte, questi si sente un maiale per essere l’unico sopravvissuto alla battaglia aerea in cui sono morti tutti i suoi compagni, fatto considerato disonorevole dai giapponesi.
In questo periodo il maestro dimostrò ancora una volta di essere un genio dalle mille sfaccettature: mentre lavorava a Porco Rosso progettò il nuovo studio, incontrò i costruttori per fare in modo che l’edificio si avvicinasse il più possibile all’immagine che aveva in testa, disegnò gli interni, scelse e controllò i materiali. Solamente un anno dopo saranno pronti sia Porco Rosso che la nuova sede e, subito dopo l’uscita del film, lo Studio Ghibli si trasferì nel nuovo edificio.
Nel 1995 lo Studio Ghibli iniziò la produzione del suo undicesimo lungometraggio animato, “La principessa Mononoke”, tratto da una storia originale di Miyazaki, primo film diretto dal maestro dopo oltre cinque anni e per il quale lo Studio Ghibli costituì un nuovo staff di computer grafica per realizzare il film iniziando a sviluppare delle tecniche proprie di animazione digitale. Al tempo della sua ideazione, La principessa Mononoke fu un progetto molto difficile ma Miyazaki sognava da anni un dramma storico in costume e questa sembrava essere l’ultima chance: la produzione durò quasi tre anni e il film uscì finalmente nell’estate 1997. Dopo l’uscita fu subito chiaro che gli incassi avrebbero superato di molto le aspettative e con entrate pari a 19,3 miliardi di yen (152 milioni di euro al cambio attuale) resta ancora oggi uno dei più alti della storia del cinema giapponese: il film è diventato infine una sorta di fenomeno in patria, un argomento di conversazione che ha reso il nome dello Studio Ghibli ancora più noto.
All’inizio del 1998 Miyazaki annunciò di voler lasciare lo Studio, a causa di una diminuzione della vista che lo portò ad affermare di non poter più garantire la qualità della sua arte nell’animazione che aveva sempre desiderato e ricercato, intendendo piuttosto realizzare brevi film per il Museo dello Studio Ghibli e addestrare i giovani animatori, ma già all’inizio dell’anno successivo ritornò allo Studio come shocho (capo), ricoprendo un ruolo fondamentale nell’impostazione della disciplina in ambito organizzativo e focalizzandosi sugli impiegati e sui loro ruoli, cominciando ad utilizzare l’animazione computerizzata per aiutare a mantenere il controllo artistico delle sue opere.
Dopo La principessa Mononoke, nell’estate del 1999 uscì “I miei vicini Yamada”, o più letteralmente “Gli Yamada, cinguettanti vicini”, tratto dal fumetto di Hisaichi Ishii, scritto e diretto da Takahata Isao, e fu il primo film dello Studio Ghibli completamente realizzato con grafica computerizzata: pur non avendo sposato la causa del digitale, lo Studio comprese che le persone in grado di realizzare animali dipinti a mano stavano diventando sempre meno, e così si concentrò sulla creazione e la fotografia digitali.
L’animazione principale e gli sfondi restarono, e sono tutt’ora, dipinti a mano, ma la maggior parte degli altri processi di lavorazione da quel momento in poi vennero affidati ad artisti digitali.
Nella primavera del 1999 venne costruito un altro stabile, lo Studio 2, di fronte al precedente, e nel 2001 si aggiunse lo Studio 3. Tutti gli edifici furono disegnati ancora da Miyazaki: le costruzioni in legno, sebbene non particolarmente ampie, contribuirono a creare un’atmosfera calda e confortevole per i visitatori.
Nel luglio 2001 uscì “La città incantata”, un altro capolavoro di Miyazaki che in Giappone battè il record di spettatori contro “Titanic”: il successo del film non sarebbe mai stato possibile senza la calda accoglienza della critica, che fece sì che persone di tutte le età in tutta la nazione avessero provato il desiderio di vedere il film.
Inoltre, mentre La città incantata era ancora in produzione, Miyazaki portò a termine anche un altro progetto, il Museo d’Arte Ghibli, a Mitaka. Il Museo non nacque solo per poter osservare disegni e simili: per un certo verso, l’edificio del Museo fu creato esso stesso per essere un’opera d’arte, oltre ad essere anche uno spazio che poteva offire ai visitatori l’opportunità di fare una ricca varietà di esperienze.
Verso la fine del 2001 lo Studio Ghibli rese pubblica la notizia della produzione di due film, “La ricompensa del gatto” e un adattamento del romanzo della scrittrice inglese Diana Wynne Jones “Il castello errante di Howl”. Quest’ultimo progetto venne avviato da Miyazaki che, secondo voci persistenti, trovò l’ispirazione in una visita al mercato di Natale di Strasburgo: rielaborò lo scritto della Jones, adattandolo alla sceneggiatura, e poi decise di affidare la regia ad un suo amico della Toei Animation, Hosoda Mamoru. Quest’ultimo però non venne visto di buon occhio dai capi dello Studio Ghibli, che alla fine gli impedirono di girare il lungometraggio. Il lavoro rimase fermo fino al 2003, quando Miyazaki prese l’iniziativa di ricoprire anche il ruolo di regista, e portò l’anno successivo all’uscita nelle sale del nuovo lavoro con un’ambientazione che ricorda nei vestiti e nell’architettura una nazione mitteleuropea degli inizi del Novecento ma in un mondo in cui è presente la magia, con una collocazione di genere che punta al filone dello steampunk. Il film, che si trova alla posizione numero 230 della classifica dei “500 migliori film della storia” della rivista Empire, fu presentato in concorso alla 61ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, conquistando il Premio Osella per il migliore contributo tecnico. Uscì nelle sale italiane solo l’anno successivo in concomitanza con la 62ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, durante la quale Miyazaki venne premiato con il Leone d’Oro alla carriera, il primo in assoluto destinato assegnato ad un regista di film di animazione, e unico regista di film d’animazione a conquistare sia l’Oscar che il Leone d’Oro.
Nel 2008, in Giappone e l’anno successivo in Italia, uscì nelle sale “Ponyo sulla scogliera”, diretto e sceneggiato da Miyazaki che si è basato sul racconto “Iya Iya En” della scrittrice giapponese Rieko Nakagawa. Per l’animazione di questo nuovo lungometrggio furono utilizzati 170.000 disegni a matita, segnando un numero record per la produzione di Miyazaki, ancora una volta in prima linea in quanto volle essere lui a disegnare le onde e il mare, che riteneva fossero la parte più importante del film. Alcune note curiose su quest’opera riguardano i dettagli della storia, presi dalla vita reale: il villaggio sul mare in cui vive Sosuke è ispirato alla cittadina di Tomonoura, il nome di Sosuke è tratto dal romanzo “La porta” di Soseki Natsume, mentre il suo aspetto riprende invece quello di Goro Miyazaki all’età di cinque anni, uno dei due figli avuti dalla moglie Akemi Ota, e pare che Ponyo sia ispirata alla figlia di tre anni di Kondo Katsuya, l’animatore capo, che a sua volta fu ripreso nel personaggio di Fujimoto, che è appunto il padre di Ponyo. E ancora, il padre di Sosuke lavora su una nave chiamata Koganei Maru, e Koganei è la cittadina ad ovest di Tokyo dove si trova lo Studio Ghibli, mentre in una scena in cui Risa canta, cita la sigla iniziale di un altro iconico lavoro di Miyazaki, Il mio vicino Totoro.
Ponyo sulla scogliera fu presentato alla 65ª Mostra del cinema di Venezia e vinse il premio come miglior film d’animazione ai Japan Academy Awards.
Frutto invece di trasposizione dall’omonimo manga di Miyazaki, uscì nelle sale nel 2013 il lungometraggio “Si alza il vento”, scritto e diretto dal maestro, un’opera semi-biografica che rielabora in maniera fittizia un periodo della vita di Horikoshi Jiro (1903–1982), progettista e inventore del velivolo Mitsubishi A5M e del modello successivo Mitsubishi A6M Zero, gli aerei da caccia usati dalla Marina imperiale giapponese durante la seconda guerra mondiale.
Da sempre appassionato di aerei e aviazione, Miyazaki cominciò a delineare quest’opera sulla vita di Horikoshi di fin dal 2008, ovvero dopo il completamento di Ponyo sulla scogliera. Le sue ricerche si concretizzarono in un breve manga, e inteso come un semplice diletto personale, Miyazaki non previde di dare seguito alla cosa, ma, dopo aver letto il suo lavoro, il produttore Suzuki Toshio gli suggerì di trarne il suo prossimo lungometraggio d’animazione. Inizialmente scettico all’idea che una storia che affrontava in maniera diretta un soggetto come la guerra fosse adatto ad un pubblico di bambini, per il quale avrebbe dovuto essere concepita l’animazione e target tradizionale delle opere dello Studio Ghibli, egli cedette, affermando successivamente all’Asahi Shinbun nel 2013 che me incluso, una generazione di giapponesi che è cresciuta in un certo periodo ha dei sentimenti molto complessi a proposito della seconda guerra mondiale, e lo “Zero” simboleggia la nostra psiche collettiva. Il Giappone è sceso in guerra per cieca arroganza, ha causato problemi in tutta l’Asia orientale e infine si è distrutto da solo. […] Ma nonostante questa storia umiliante, lo “Zero” rappresentava una delle poche cose di cui noi giapponesi potevamo andare fieri. C’erano trecento ventidue caccia “Zero” allo scoppio della guerra. Erano una presenza veramente formidabile, così come i piloti che li guidavano. Fu il genio straordinario di Horikoshi Jiro, il progettista dello “Zero”, che lo rese l’aereo più avanzato del suo tempo.
Durante una conferenza tenutasi nel 2013 a Musashino, Miyazaki lo definì il suo ultimo lavoro prima del suo ritiro dalla carriera cinematografica, dopo cinquant’anni di attività sulle scene cinematografiche, ma già due anni dopo tornò sui suoi passi e in questi giorni, in occasione del suo compleanno, lo Studio Ghibli conferma un nuovo lungometraggio dal titolo “How do you live?”, ancora sui temi come il rapporto tra progresso e natura, sempre più ferita dall’uomo, il timore della perdita delle proprie radici, il legame prezioso con l’infanzia e la riscoperta dei valori di amore e rispetto reciproco. Il nuovo film, nuovamente disegnato a mano, sarebbe dovuto essere pronto per le Olimpiadi di Tokyo del 2020 (rimandate per la pandemia che funestato il mondo intero in questo terribile anno) ma la realizzazione è ancora circa a metà. Sempre con un occhio di particolare riguardo alla qualità, la produzione ha stimato ci vogliano ancora tre anni per vedere completato l’ultimo lavoro del grande maestro.
Attraverso il sito web e l’account Twitter ufficiali (https://twitter.com/JP_GHIBLI) lo Studio Ghibli ha postato anche gli auguri per il nuovo anno, con un’immagine originale del maestro dell’animale simbolo del 2021, il bue, che vince la pandemia che sta affliggendo il pianeta schiacciandone il responsabile, rappresentato come un diavoletto viola con mascherina, sotto la sua poderosa zampa.
I film dello Studio Ghibli hanno ottenuto moltissimi riconoscimenti e sono stati acclamati dalla critica e dagli specialisti di animazione di tutto il mondo:
- Nel 2015 la Academy of Motion Picture Arts and Sciences gli ha conferito il Premio Oscar alla carriera.
- Nel 2013 Si alza il vento è candidato all’Oscar come miglior film d’animazione, al Golden Globe per il miglior film straniero ed è vincitore del premio della Japanese Academy nella categoria Miglior Animazione dell’anno.
- Il Castello Errante di Howl ha ottenuto l’Osella per il Miglior Contributo Tecnico alla Mostra di Venezia nel 2005.
- La Città Incantata ha vinto l’Orso d’Oro per il Miglior Film al festival di Berlino nel 2002 (il primo film di animazione ammesso a competere a Berlino, il primo film giapponese a vincere l’Orso d’Oro) e successivamente il premio Oscar per il Miglior Film di Animazione.
- La principessa Mononoke è stato il primo film di animazione a vincere il Japan Academy Award per i Migliori disegni.
- Nel 1999 il Museum of Modern Art di New York ha proiettato una retrospettiva dei film dello Studio e ha acquistato My Neighbors the Yamadas per la sua collezione permanente e la critica internazionale ha osannato i film dello Studio Ghibli.
- Porco Rosso e PomPoko hanno vinto il premio come Miglior Film al Festival di Annecy nel 1992 e nel 1994.
- Grave of the Fireflies ha vinto il premio per il Miglior Film a Chicago International Children’s Film Festival nel 1988.
FILMOGRAFIA
Per un elenco completo si rimanda alla pagina di Wikipedia dedicata a Miyazaki Hayao (https://it.wikipedia.org/wiki/Hayao_Miyazaki#Filmografia), mentre sono riportati di seguito i soli lungometraggi, per i quali il maestro ha realizzato regia, sceneggiatura e storyboard:
- Lupin III – Il castello di Cagliostro (1979)
- Nausicaa della Valle del vento (1984)
- Laputa – Castello nel cielo (1986)
- Il mio vicino Totoro (1988)
- Kiki – Consegne a domicilio (1989)
- Porco Rosso (1992)
- La principessa Mononoke (1997)
- La città incantata (2001)
- Il castello errante di Howl (2004)
- Ponyo sulla scogliera (2008)
- Si alza il vento (2013)
FONTI:
- http://www.studioghibli.it/
- https://it.wikipedia.org/wiki/Studio_Ghibli
- https://it.wikipedia.org/wiki/Hayao_Miyazaki#Riconoscimenti
- https://it.wikipedia.org/wiki/Lupin_III_-_Il_castello_di_Cagliostro
- https://it.wikipedia.org/wiki/Il_castello_errante_di_Howl
- http://www.studioghibli.it/film/
- https://variety.com/2014/artisans/asia/john-lasseter-hails-hayao-miyazaki-japan-and-the-joy-of-juxtaposition-1201338264/
- https://it.wikipedia.org/wiki/Ponyo_sulla_scogliera
- https://it.wikipedia.org/wiki/Si_alza_il_vento
- https://www.ghibli.jp/info/013416/
- https://www.referenceforbusiness.com/biography/M-R/Miyazaki-Hayao-1941.html