“Quando sarebbe il momento per iniziare?”
“Ora”
“Ma…”
“Perché aspettare a provare una cosa buona?”

Ora.

Con questo avverbio, il libro di John Stevens, La spada non spada, a cura di Claudio Regoli, ha catturato la mia attenzione, tra i tanti testi disponibili nel ricco catalogo di Ubaldini Editore.

Questo testo biografico ripercorre la vita di Yamaoka Tesshu, spadaccino, illuminato e calligrafo, iniziando da una serie di aneddoti divertenti che presentano il fondatore della scuola Itto Shoden Muto Ryu, la scuola della non spada, quasi in maniera irreverente, come un ragazzone che non si tirava mai indietro davanti alle sfide, incluse le più insulse come mangiare cento uova, camminare per centocinquanta Kilometri, bere un’infinità di sake, e svariate altre bravate, per soddisfare la propria esigenza di primeggiare su tutti, presentandocelo come una persona nella quale ci si possa spesso riconoscere, nelle nostre piccole, innocue, competizioni quotidiane.

Siamo nel bel mezzo del diciannovesimo secolo, e Tesshu, nato a Edo con il nome di Ono Testutaro da una famiglia piuttosto agiata, intraprende gli studi tipici dei samurai, i classici e le arti marziali, mentre il padre lo incoraggia a praticare lo zen per sviluppare il fudoshin, la mente imperturbabile.

Con un inizio simile, questo piccolo testo non può che attirare l’interesse dei praticanti della via della spada, riportando alla mente i primi passi, le prime esperienze, i preconcetti che svaniscono a mano a mano che si progredisce per sostituirsi con i valori più caratteristici del budo: un incitamento di uno dei suoi sensei, Yamaoka Seizan, era “Se volete ottenere la vera vittoria, ampliate la vostra comprensione della virtù”.

Il testo si snoda tra le diverse attività di Tesshu, dalla politica all’insegnamento, dalla spada alla calligrafia allo zen, fino alla “soluzione” del koan

Quando due spade scintillanti si incontrano
non c’è via di scampo;
muoviti con calma, come il loto che sboccia
nel mezzo di un gran fuoco,
e trafiggi con forza la volta celeste!

che lo portò all’illuminazione dopo tanti anni di duro allenamento e introspezione, commentandolo con la riflessione “per anni ho forgiato il mio spirito con lo studio della spada, affrontando ogni sfida con fermezza. Le mura che mi circondano improvvisamente sono crollate; come pura rugiada che riflette il mondo con chiarezza di cristallo, ora è giunto il risveglio completo“. Quella stessa sera del 30 marzo 1880 Tesshu si recò al dojo del suo maestro di spada, che non appena incrociò la spada capì che il discepolo aveva raggiunto lo stato di “non nemico”. Abbassò la spada e affermò: “Sei giunto alla meta”. Si dice che, dopo averlo nominato ufficialmente suo successore e tredicesimo maestro del Nakanishi-ha Itto Ryu, il sensei non abbia più impugnato una spada. Poco tempo dopo Tesshu fondò il Muto Ryu, la scuola della non spada, nella rinnovata sede del suo dojo, che chiamò Shumpukan.

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Il testo prosegue con mille altri dettagli sulla vita di Tesshu, sulla sua visione dell’insegnamento della spada ispirato alla massima confuciana “Io tramando non creo. Stimo ed amo gli antichi.” e di come sia stato in grado di trasformare il pensiero dell’arte della spada.

“In quanto samurai, devo temprare il carattere; in quanto essere umano, devo perfezionare lo spirito”: il testo prosegue con le tappe della crescita di Tesshu come uomo, forte delle sue convinzioni dettate dalla virtù, attraverso le sue opere calligrafiche e i suoi testi, lascito ai posteri del suo pensiero sull’arte della spada. Dal mi piccolo punto di vista di praticante all’inizio di una Via, una storia di trasformazione, che insegna l’umiltà, la crescita e la consapevolezza sin dalle prime esperienze da principiante, che non ho potuto non ritrovare negli insegnamenti dei miei sensei, nel tempo, in una riconciliazione della tecnica e dello spirito che porta ad un insegnamento finale quale “La sete di vittoria porta alla sconfitta; non stancarsi della sconfitta porta alla vittoria”. 

Che sia kendo o iaido, calligrafia o pittura, vita spirituale o pratica, tutto in questo libro porta a ripensare come porsi davanti alle difficoltà e all’integrità del proprio sè, ai valori fondanti per ritenersi una persona corretta che affronta con passione una disciplina e la vita stessa, spesa nella compassione per gli altri e rappresentata dalla devozione di Tesshu a Kannon, oltre all’impegno profuso per gli altri che ha permeato l’intera sua breve vita, morirà nel 1888 a soli 52 anni, vissuta con la pienezza dell’ideale perseguito attraverso la pratica delle arti, tra le quali quella della spada. 

Un testo illuminante per trovare molti punti di contatto con gli insegnamenti che si ricevono in dojo.

lele bo

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