di Danielle Borra – 7° dan Iaido Renshi
24 febbraio 2016
Moku (silenzio) – So (pensare)
A volte osservando i praticanti davanti a me all’inizio o alla fine della lezione mi chiedo come realmente affrontino il momento in cui facciamo Mokuso, cosa stanno pensando in realtà, cosa cercano di fare o non fare?
Il momento di Mokuso è molto importante, segna il passaggio da una dimensione, quella del nostro mondo “normale” più o meno caotico, frenetico e stressante, al momento della pratica di una via. Fare Iaido non è come fare ginnastica o qualsiasi altra attività non marziale. Entrare nel dojo vuol dire entrare in una bolla spazio-temporale in cui si pratica una via che dovrà in qualche modo renderci migliori in quanto esseri umani.
Kendô è la via (michi) della ricerca della perfezione come essere umano (ningen-keisei) attraverso l’esercizio (shûren) dei principi della spada (ken-no ri-hô).
Il Maestro Yamazaki ci ha più volte ricordato durante gli stage questo principio:
“c’è scritto i principi del Kendo ma potete sostituire il termine kendo con iaido o jodo, le discipline regolamentate dalla ZNKR sono ovviamente diverse ma i principi sono comuni. Quello che è importante capire è che la pratica dello Iaido (kendo/jodo) è un modo per far crescere sé stessi, per creare un essere umano migliore“.
Quando si inizia un allenamento in palestra bisogna predisporre la propria mente rispetto ai principi dello Iaido, lasciando fuori tutti i pensieri che riguardano il mondo esterno alla palestra. Se pratichiamo pensando alle cose ordinarie della nostra vita e ci perdiamo dietro a pensieri o progetti di varia natura difficilmente lo Iaido prenderà vita e si svilupperà nella sua pienezza.
Nelle arti marziali giapponesi è stata introdotta la pratica del Mokuso che dovrebbe traghettare la nostra mente dal mondo quotidiano alla pratica, portando la nostra mente a tacitare pensieri non necessari in modo da sviluppare e permettere la necessaria concentrazione. E’ un momento di passaggio che ci permette di lasciare tutto da parte (compreso lavoro, email, telefono, Facebook) per prepararci alla pratica.
Se adeguatamente sviluppata la pratica di Mokuso ci permette di entrare più a contatto con il proprio intimo, per esempio attraverso il nostro respiro: lo spazio della nostra mente cambia, la mente si svuota dai suoi pensieri ripetitivi e ci si avvicina ad una sensazione di calma e pace. Tutto ciò naturalmente se non si è presi dal troppo dolore per la posizione di seiza!!
Se non si entra nella pratica con lo spirito giusto, avendo fatto quindi un buon Mokuso, non si potrà mai avere la mente attiva, l’assunzione di responsabilità e la concentrazione giusta per imparare lo Iaido (cit.)
Ma cosa bisogna fare durante il Mokuso? Noi in dojo non insegniamo mai quale tecnica utilizzare perché riteniamo che sia importante sviluppare un modo personale di affrontare il momento di meditazione/transizione che Mokuso rappresenta.
Esistono diversi approcci possibili, sintetizzo i più usati:
- ci si può concentrare sul respiro che deve essere diaframmatico e profondo;
- si possono contare i respiri o contare la durata del ciclo inspirazione-trattenere-espirazione;
- ci si può concentrare sul proprio tanden migliorando progressivamente la sensazione del proprio centro;
- si possono osservare i propri pensieri, semplicemente osservarli scorrere senza fermarsi o farsi prendere da nessuno di loro;
- ci si può concentrarsi sulla pratica che seguirà, focalizzandosi su alcuni punti o obiettivi;
- si può contare seguendo semplicemente il contare o da 1 a 10 o da 10 a 1;
- si può recitare un mantra;
- si può cercare il silenzio;
- si può usare un approccio motivazionale utilizzando frasi apposite;
- ci si può concentrare sulla luce (in tutte le varianti possibili di utilizzo della luce).
Ci sono insomma molte possibilità, molte di più di quelle che ho citato. Ogni persona deve trovare il suo modo di praticare Mokuso e questo modo può anche essere diverso a seconda dei momenti o dei passaggi che affrontiamo nella vita o nello Iaido. Per esempio io ho utilizzato un approccio diverso durante il periodo di preparazione al mio esame da 7° dan.
L’importante è che sia un momento di passaggio e di attenzione e non un tempo senza significato in cui stiamo lì seduti e lasciamo che i pensieri esterni prendano il sopravvento. In tal caso stare fermi in posizione è veramente inutile.
Allo stesso modo l’allenamento può finire con Mokuso cercando nuovamente di calmare la mente e di immagazzinare quello che si è imparato durante l’allenamento.
Quanto tempo deve durare Mokuso? È una domanda comune a cui non si può dare, secondo me, una risposta unica. In realtà il tempo non ha nessuna importanza. Per focalizzare la propria mente basta un secondo e si può realizzare un buono stato meditativo in pochissimo tempo. Anche in questo caso ovviamente la pratica aiuta. Normalmente viene detto che il tempo corrisponde a tre cicli di respirazione completi, sempre lenti e diaframmatici ovviamente. E’ un punto di riferimento ed è comunque un tempo abbastanza breve, ma personalmente, e per la formazione che ho ricevuto, continuo a preferire la qualità rispetto alla durata e, ripeto, basterebbe 1 secondo di “vero cambiamento della propria mente”.
La domanda che vi faccio quindi è: come affrontate realmente mokuso? Gli date il giusto peso?