M. A. Rossi (a cura di), Samurai. Scritti di guerrieri giapponesi, Luni Editrice, Milano 2004. (115 pp.)

L’agile libretto curato da Monica A. Rossi si presenta come una raccolta antologica di alcuni testi scritti da diversi autori giapponesi del passato. La selezione cerca di presentare una panoramica introduttiva sul pensiero giapponese tra il XII secolo e la fine del XIX, andando ad interessare il periodo classico della casta guerriera nipponica.
Dopo una ben informata introduzione di carattere storico, che presenta in modo chiaro anche ai non addetti ai lavori i tratti salienti dello sviluppo del concetto di guerriero samurai lungo i secoli della storia giapponese, il libro si apre con una selezione di dodici testi di altrettanti autori giapponesi, i quali differiscono anche per stile e lingua, dal momento che i Regolamenti di Imagawa Ryoshun o le Opinioni sui Novantanove Articoli furono originalmente scritti in cinese classico, mentre altri testi riflettono l’evolversi letterario della lingua giapponese. Alla curatrice spetta il merito di aver reso accessibile in lingua italiana testi classici altrimenti assai distanti dal lettore generalista appassionato di cultura giapponese.
Samurai è senza dubbio in debito del più celebre testo curato dall’americano William Scott Wilson Ideals of the Samurai: Writings of Japanese Warriors pubblicato dall’editore Black Belt negli Stati Uniti nel 1982, ma merita senza dubbio un posto sugli scaffali degli appassionati italiani di storia giapponese e arti marziali.
Dal punto di vista dei contenuti, occorre comunque tenere presente che la maggior parte degli scritti tende ad occuparsi di temi concreti di gestione dello stato, filosofia politica e pedagogia, lasciando in generale poco spazio alla riflessione sulle arti marziali, che forse taluni potrebbero attendersi.
Tuttavia, l’antologia ha il merito di presentare un conciso ma notevole squarcio sulla filosofia pratica nipponica classica, e può essere senza dubbio utile per chi, pur senza pretese accademiche, intenda cercare di comprendere meglio la mentalità tradizionale delle classi dirigenti nipponiche che si è riversato copiosamente anche sullo sviluppo delle arti marziali tutt’ora praticate.
Per concludere, ritengo che il libro a cura di Monica A. Rossi sia nel complesso un buon tentativo di rendere accessibile al lettore italiano contemporaneo un assaggio dello spirito che anticamente animava la classe guerriera giapponese, mostrando efficacemente l’indissolubile legame tra penna e spada nella società feudale nipponica.