La Via della Spada è una, ma è fatta di tanti sentieri paralleli che vanno dalla pratica solitaria allo studio con maestri giapponesi d’alto rango, passando per gare e seminari federali e internazionali, pratica in dojo e pratica solitaria. È, a parer mio, estremamente penalizzante pensare di escludere a priori qualunque di questi sentieri mentre è costruttivo percorrerli tutti.
Un aspetto che personalmente ritengo un pregio, di questa disciplina è che in periodi di “solitudine” ad esempio quando il dojo chiude per ferie o quando siamo, per periodi anche lunghi, in zone dove i dojo di iaido non esistono, è possibile non interrompere la pratica personale.
In estate, ad esempio, frequento assiduamente le foreste appenniniche, dove quasi quotidianamente faccio lunghe passeggiate. Quando lascio casa per queste avventure ho sempre con me un bastone che, caso strano, ha le esatte dimensioni e fattezze di un bokuto. Se trovo nel bosco un luogo adatto, mi fermo e pratico per una ventina di minuti.
Sono poche le discipline che consentono di avere questi spazi individuali nei quali esercitarsi in ogni dove in completa autonomia e non lasciar arrugginire i nostri kata … MA …
C’è sempre un “ma”.
La pratica solitaria crea seri problemi di involuzione delle nostre capacità.
Gli errori che non riusciamo a percepire sono molti, qualunque sia il nostro livello, e nella pratica solitaria si consolidano senza che noi se ne abbia la minima percezione.
Nella pratica collettiva non solo riceviamo correzioni e suggerimenti che migliorano la nostra azione, ma anche informazioni che arrivano dall’osservazione degli altri praticanti.
A me è stato insegnato a vedere gli errori degli altri per capire se sono anche miei ed a vedere le cose belle per provare ad emularle.
Ovviamente tutto questo nella pratica solitaria non c’è.
Non solo. Soprattutto quando ci siamo tolti l’etichetta di principiante, anche la pratica in piccoli gruppi e sempre con gli stessi soggetti assume le stesse caratteristiche della pratica solitaria. L’assuefazione dell’uno all’altro attenua la percezione dell’errore ed anzi, induce alla sua condivisione, l’errore dell’uno diventa l’errore collettivo e per tanto, non più percepito come tale.
Occorre quindi maturare esperienze in ambiti più ampi. Diventa fondamentale partecipare a seminari e competizioni dove sicuramente possiamo trovare chi sia in grado di corregerci ed aggiornarci.
Aggiornarci, perché lo iaido non è graniticamente immutabile, ma ha una sua evoluzione fatta di piccoli, a volte nemmeno troppo piccoli, cambiamenti, per cui quel passaggio che fino ad un anno fa era considerato corretto oggi non lo è più.
Il ritorno al dojo consentirà di aggiornare e correggere chi al seminario non ha potuto partecipare ed anche la pratica solitaria sarà migliore.
Ritengo sia estremamente difficile preparare un esame, soprattutto per un grado avanzato, senza uscire sistematicamente, dal proprio dojo ed assaggiare altre realtà di pratica, dojo differenti, insegnanti differenti, ambienti differenti.
Un eventuale fallimento dovrebbe far riflettere anche su questi aspetti.
Gran bella verità, condivido in pieno! Grazie Carlo sensei.