Perché abbiamo iniziato a fare iaido?
Chiara mi ha proposto di sviluppare questo argomento chiedendo interventi sul tema ai nostri praticanti.
Mi sembrava una buona idea anche perché andava a colmare una curiosità che mi sono posta più volte in diverse sedi. Quali sono i motivi che ci spingono a cominciare a fare iaido… Come ci siamo detti più volte in Consiglio se riusciamo a scoprire da dove arrivano le persone e cosa le attrae o le spinge ad iniziare questa disciplina potremmo focalizzare meglio i nostri sforzi per aumentare il numero degli iscritti.
In realtà la mia curiosità rimarrà insoddisfatta ancora per un po’, poiché tutti quelli che hanno voluto aderire al progetto in realtà hanno prevalentemente scritto del perché continuano a studiare iaido, ma anche questo è un argomento interessante che permette alcune riflessioni.

I motivi che hanno portato me nello iaido francamente non li ricordo. So che ho continuato a farlo perché mi diverte e mi fa sentire bene farlo. Questa sensazione ora è un po’ appannata da tutte le interferenze che ci sono a livello di federazione e di gruppo allargato. Però, quando arrivo nel dojo del Sensei in Giappone la sensazione di stare bene nel fare iaido ricompare con forza.

Buona lettura

Danielle Borra, 7 dan kyoshi

Mi sono presentata a curiosare in dojo in pieno inverno. Cosa mi abbia spinto lì, è una questione complicata. Avevo un passato marziale, studiavo già cultura giapponese, ma erano mondi distanti dalla persona che ero allora. Ricordo di aver guardato, in quel periodo, un anime sulla Shinsengumi in cui si fa pronunciare a Saito Hajime una frase come “ciò che amo nella spada è l’esistenza semplice e lineare: vive con un solo scopo, che è tagliare, e non conosce esitazioni in questo”. Cercavo qualcosa del genere anche io, uno scopo che mi fosse chiaro. Era un periodo molto difficile per me, probabilmente il più insopportabile che abbia mai attraversato. Mi capitò per caso di guardare un documentario sullo iaido presentato da Fay Goodman sensei, su youtube. Decisi, senza troppe speranze, di fare un tentativo, così cercai la palestra più vicina su google. Ho iniziato ad allenarmi in primavera, nel 2012. Il mio incontro con lo iaido, per citare uno scrittore decisamente superiore a me, è stato un bacio fra paglia e fuoco. Solo che, nel mio caso, ciò che ha cominciato a bruciare e far luce non si è più estinto. Praticare iaido inizialmente era “quell’unica cosa che facevo per me. Tempo solo mio”. E quanto ne avevo bisogno! É stato difficile fin da subito, perchè anche solo stare in un ambiente silenzioso mi obbligava ad ascoltare dei pensieri scomodi che mi attraversavano la mente in quei mesi, mi obbligava a valutarmi brutalmente. E poi? Poi mi sono resa conto che lo trovavo rilassante. Fare iaido per me era fare ordine. Partecipai al mio primo seminario a Cameri con il bokken e mi fermai per assistere ai campionati italiani individuali. Ci sono performance che ricordo ancora oggi, come ricordo che ho passato ogni momento arroccata nella fila più alta sugli spalti, con la schiena in avanti e i piedi che imitavano i movimenti dei kata che vedevo eseguire. Era esaltante. Volevo farne parte con tutta me stessa. Nell’estate del 2012 mi laureai, avrei cominciato la specializzazione a settembre e decisi di votare i miei tre mesi di pausa accademica al lavoro. Non perchè mio padre non volesse venirmi incontro finanziandomi, ma perchè avvertivo lo iaido così “mio” che volevo, sentivo il bisogno di guadagnare ogni centesimo che avrei investito in esso. Così comprai kimono e spada. Mi ricordo ancora i pacchi e l’emozione enorme che provai nello scartarli. Corsi davanti allo specchio e mi vestii da sola (terribilmente. Non un himo legato giusto e il gi chiuso al contrario, ho delle foto che lo testimoniano). Tutt’oggi, quando tocco il mio kimono, mi torna in mente questo episodio e mi rende felice. Partecipai al mio primo CIK taikai il 30 giugno 2013, categoria ikkyu, insieme a Stefano Marino Fransoni e Vincenzo Cafagna. Eravamo solo noi tre. Mi conquistò. Ma mi sto dilungando… Non so dire perchè io abbia iniziato a fare iaido, forse si è trattato di un bisogno inconscio di ritrovare una strada familiare, un qualsiasi orientamento nel più buio dei momenti, o forse solo di uno smisurato colpo di fortuna. So che la mia relazione con la disciplina nel tempo si é fatta più spensierata, perchè crescendo tale sono diventata io in prima persona, ma mai per un attimo la passione iniziale si è affievolita. Lo iaido è una certezza, per me, e anche se leggere queste parole da un terzo dan potrebbe far sorridere i senpai davanti allo schermo, non me ne vergogno, lo dico da quando ho iniziato, non avverto un confine netto fra me e lo iaido. Non c’è un soggetto che compie un’azione. È una parte di me che ho semplicemente riconosciuto in un secondo momento, il che se vogliamo costituisce una risposta alla domanda sul perchè abbia continuato a praticarlo. Perchè mi ha rimessa in piedi, perché è diventata sia la mia strada, che la mia direzione, che me stessa. Perciò infondo fallire e fallire e fallire non mi abbatte e riuscire, o vincere, non mi placa. Credo di essere stata molto fortunata, perchè sulla mia strada ho incontrato tante persone che si sono prese cura della mia formazione sia sul piano tecnico che sul piano disciplinare, se così vogliamo definirlo. Come i miei maestri. Persone che hanno saputo darmi un ottimo esempio, essermi di sostegno. Devo tuttavia includere nei ringraziamenti anche quegli individui che, al contrario, hanno messo alla prova la mia passione facendomi capire quanto fosse forte. La mia motivazione è salda e spero, un giorno, di riuscire a contribuire alla diffusione dello iaido, proprio in virtù del valore inestimabile che ha per me.

Chiara Bonacina, 3 dan

La mia vita è decisamente movimentata, sono irrequieta per natura e cerco occupazioni che si adattino alla mia incapacità di stare ferma.
Tuttavia, c’è un luogo nella mia mente dove tutto è pace, equilibrio, silenzio, ordine: è quel luogo nel quale mi ritrovo solo durante il sonno profondo o durante un’ anestesia.
Quello stesso luogo, non sempre, lo ritrovo in montagna e praticando.
Ecco perchè nella mia vita è entrato lo Iaido, oramai 20 anni fa o giù di lì e nei periodi nei quali non ho potuto praticare ne ho sentito fortemente la mancanza; impugnare la spada è per me trasferirmi in una sorta di bolla dove sono in pace con me e con il mondo, dove trovo il mio equilibrio, dove regna il silenzio e ogni movimento ha un senso ed una spiegazione, dove nulla è lasciato al caso.
Il motivo per cui mi sono avvicinata a questa disciplina non credo nemmeno di ricordarlo, forse il fascino della spada, sicuramente il fascino della mia maestra, probabilmente il bisogno di ordine.

Alessandra Bramardi, 4 dan

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