No, non vi preoccupate, non sarà un articolo storico. Il titolo è ironico ma è da un po’ che questa cosa è lì che gira nella mia testa, poi ho letto l’intervento di Anjin san e ho deciso di metterla per iscritto.

Mi trovo a leggere di iaido e amicizia e rimango sempre un po’ stupito di quanta importanza si dia a questa parola e a come si tenda a sottolinearla ripetutamente, quasi a farne una bandiera.

Ma quanto in realtà questa amicizia si può considerare reale?

Personalmente ho un sacco di conoscenti ma quanti di questi rispecchiano i canoni della vera amicizia? È soprattutto quali sono i canoni della vera amicizia?

Sinceramente non so rispondere con certezza a questa domanda, ci sono molte sfumature. Per me l’amicizia dovrebbe essere qualcosa che esula da fattori quali: religione, politica, gusti, sessualità, provenienza, cultura, Maestri di riferimento nello iaido, ecc. ecc.  Dovrebbe crescere nel tempo e rafforzarsi anche se la frequentazione viene meno o si dirada.

Un esempio è la mia amicizia con il mio compagno di pesca Paolo, siamo amici da oramai 40 anni e abbiamo diviso diverse avventure e disavventure assieme.  Ovviamente crescendo il lavoro, la famiglia e altri mille impegni hanno ridotto la nostra frequentazione. Ci siamo sentiti a fasi alterne telefonicamente, magari anche ad un anno di distanza, ma questo non ha mai scalfito il nostro rapporto, sincero, senza secondi fini e senza aspettative di nessun genere, ci sentiamo, ci raccontiamo le news belle e brutte, e poi magari ci riaggiorniamo dopo un anno.

Ora, visto che il mio tempo libero è aumentato, abbiamo ripreso a vederci più regolarmente con la scusa di andare a pescare e tutto è come 40 anni fa, ne più ne meno, solo gli acciacchi di tutti e due sono aumentati.

Quando leggo di stage fatti in un clima di amicizia mi viene un po’ da sorridere, io direi più in un clima piacevole e sereno di persone che hanno la stessa passione, che per un periodo seguono la stessa via, con le stesse finalità e quindi camminano assieme.

Purtroppo in 26 anni di iaido, ma lo possiamo riscontrare anche in tantissimi altri contesti (sul lavoro ad esempio) ho visto troppe volte la natura umana prendere il sopravvento e far litigare fazioni, oppure persone, che fino al giorno prima erano “amici”.

Questa mia riflessione non vuole essere una critica a nessuno, io sono il primo che, avendo un pessimo carattere e poca pazienza,  determina spesso reazioni negative negli altri. Mi fa però sorridere continuare a leggere commenti sullo iaido e l’amicizia.  Si è amici, o meglio compagni, quando si hanno interessi in comune, quando praticare insieme è utile o comodo, ma quando i miei interessi cambiano, e l’altra parte in qualche modo non segue o non si allinea, la famosa amicizia scompare o a volte degenera e proprio non ci parliamo più, arrivando al punto più basso di cercare di danneggiare in qualche modo l’altro. 

Forse sarebbe più onesto definirci compagni che percorrono la stessa via, magari insieme per tutta la vita oppure solo per un tempo più breve. Qualcuno potrebbe diventare un amico e quasi una famiglia, altri rimangono compagni.  Sicuramente porterebbe dei vantaggi a tutti sviluppare un atteggiamento di gratitudine per il tempo, breve o lungo, trascorso insieme. Anche un atteggiamento di piacevole apprezzamento delle diversità di opinione o di pratica aiuterebbe: in fondo stiamo tutti studiando sulla via. 

2 COMMENTS

  1. Caro Claudio, tocchi un argomento più che delicato: compagnia e/o amicizia?

    Scetticamente rispetto all’amicizia, affermi: “Forse sarebbe più onesto definirci compagni che percorrono la stessa via”.

    Non so la minuscola ti sia sfuggita o se tu l’abbia usata consciamente, ma, forse, è opportuno che Via sia scritto con la maiuscola.

    Ma cos’è la Via? Come sai, l’ideogramma DO/MICHI 道 mostra a destra un busto di uomo e a sinistra un sentiero del quale non si vede la fine. In questo modo è indicato il senso del «cammino», del «percorso» ma anche quello della «meta indefinita» e del «traguardo indefinibile».

    Più precisamente,

    il radicale 首 kubi (lettura kun) o shu (lettura on), rappresenta la testa di un personaggio importante intuibile dall’acconciatura dei capelli raccolti in due chignon (come era uso fare anticamente dalle persone di un certo rango), che ha piena consapevolezza di sé (mostra il suo volto) e cammina speditamente sulla strada che ha scelto lasciando delle tracce per coloro che intendono seguire lo stesso sentiero.
    Il radicale) 辶, che è la semplificazione di 辵, ideogramma che si legge shinnyō (lettura kun) e chaku (lettura on), e significa “l’avanzare”, costituisce l’impronta di un piede di un uomo che cammina a grandi passi. Un cammino determinato da un motivo importante che incide sulla volontà dell’uomo. Ecco perché talvolta viene usato nel senso di progresso.

    In conseguenza di quanto sopra, permettimi di sospettare che la compagnia fra coloro che percorrono la Via sia (dovrebbe essere) qualcosa di più dell’amicizia, che tuttavia conserva la sua positività. D’altra parte, l’amicizia può darsi anche al di fuori delle Via marziale, che so io, magari giocando a bocce.

    Un abbraccio e un caro saluto.

    Enrico

  2. Ciao Enrico, grazie del tuo commento, evidentemente il correttore non si è accorto del mio errore sulla parola Via.
    Per quel che riguarda la definizione di Via preferisco la versione di Murata Sensei, molto più romantica , ed io la trovo anche più corretta, ma è una considerazione del tutto personale, per il resto probabilmente il tuo ragionamento è più intellettuale, il mio era un po’ più di pancia, a presto sul tatami
    Claudio

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