Una delle cose che più mi salta all’occhio durante le lezioni, è la difficoltà per gli insegnanti meno esperti o alle prime armi di capire quali sono le fasi importanti dell’insegnamento.

Mi stupisco sempre di quanto venga cercata nel principiante la correttezza tecnica, chiedendo dettagli che non sono, a quel livello, così importanti. Inoltre spesso l’approccio è, passatemi il termine, un po’ saccente e mi ritrovo a pensare con apprensione ai principianti che spesso sono vittime di queste lezioni.

Una delle cose di base da conoscere per un buon insegnante sono le fasi di apprendimento degli allievi, formare un allievo è un po’ come formare una scultura, non si parte dal particolare, ma si parte dalla forma di base e piano piano bisogna cercare di dare all’opera la forma finale con tutti i particolari importanti per realizzare la bellezza e completezza della scultura.

Per un principiante con pochi mesi di pratica è difficilissimo mettere assieme le varie nozioni che proviamo ad insegnargli, la cosa più importante dovrebbe essere la forma abbozzata del Katà, se il piede non è corretto, se la spada non è orizzontale, se la postura non è corretta, in questa fase non ha nessuna importanza. Dobbiamo cercare di stimolare lo studente evidenziando le parti positive e piano piano di correggere quelle negative, in questa fase l’unico nostro obbiettivo dovrebbe essere riuscire a far fare il katà , più o meno.

Nel momento in cui lo studente pratica oramai da qualche tempo e conosce le basi del Katà si potrà allora procedere con piccole correzioni, nella posizione del corpo, nel caricare più grande (difetto comune e costante), ma sempre cercando di lodare molto spesso le cose positive e non di rimarcare le negative.

Ovviamente dipende dalla capacità di apprendimento dell’allievo, ma mediamente si dovrebbe iniziare ad approfondire e pulire la forma dopo almeno un anno di pratica, ma soprattutto dopo che le basi dei katà sono acquisite. Se lo studente non deve più pensare alla sequenza del katà allora potrà pensare alla punta ai 45 gradi del chiburi, ecc. ecc.

Discorso completamente diverso per gli allievi più anziani dai quali si deve iniziare a pretendere la forma finale della scultura, chiedendo di limare le parti sbagliate o di aggiustare quelle non completamente corrette. In questa fase, solitamente compresa fra il 3° a 5° dan, entrano in gioco altri fattori, fattori che potete ritrovare nelle fasi dell’insegnamento scritto da Danielle, che vanno oltre la mera tecnica, ma che influenzano in qualche modo la nostra pratica.

In questa fase più avanzata l’insegnante ha il dovere di richiedere l’affinamento dell’esecuzione mediante il cambiamento. Vi posso assicurare che è decisamente frustrante vedere com’è difficile cambiare e dover ripetere le stesse cose all’infinito sperimentando sempre strade nuove e nuovi espedienti per spiegare la stessa cosa allo stesso allievo, ma in fondo questo è il compito di un insegnante, cercare sempre nuove strade per far progredire gli allievi e progredire con loro.

In questa fase questi stessi praticanti, interpellati e coinvolti nella lezione, molte volte non vedono delle cose macroscopiche soffermandosi solitamente su punti teorici o filosofici di minor rilievo.  Secondo me invece si dovrebbe essere molto più inflessibili con un 4° dan che esegue un movimento scorretto rispetto al principiante che ha il suo bel da fare a ricordarsi tutto quello che gli viene detto.

Non voglio e non farò uno specchietto con le varie fasi e l’importanza delle cose da insegnare rapportate al grado, ma tutti coloro che iniziano ad insegnare dovrebbero ricordarsi i momenti in cui si sono sentiti completamente incapaci di realizzare determinate cose, o determinati movimenti, ma che poi, grazie al loro impegno e alla dedizione del loro insegnante, sono riusciti a realizzare e che ora sembrano assodate. Questi momenti di difficoltà e crescita si incontrano in tutte le fasi della nostra vita marziale e non solo da principiante.

 

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