Sabato 14 e Domenica 15 Maggio 2022 sono stati due giorni intensi per il Jodo italiano.

Buona parte dei praticanti di Jodo si sono trovati a Castenaso (Bo) per partecipare ai seguenti eventi:

  • interessantissimo seminario del maestro Murata al mattino del sabato
  • Seminario Arbitrale e, in contemporanea, l’allenamento della Nazionale di Jodo, al pomeriggio del sabato.
  • Taikai di Jodo, la domenica.

Recensione e riflessioni di Stefano Banti sul seminario di Murata sensei, Claudio Zanoni, sul taikai e Ramona Paravano su entrambe le giornate.

A proposito del Kamae

di Stefano Banti

Veramente possiamo dire che, nel Jodo, tutto inizia e tutto termina con un Kamae, vero Alfa e Omega di quest’arte.

Ma non dobbiamo pensare solo ai Kihon o ai Kata, altrimenti questa osservazione diverrebbe piuttosto banale: infatti, ancora prima ed anche dopo questi momenti di “espressione tecnica”, il Jo mantiene una guardia continua che lo accompagna sempre, nelle attese così come negli spostamenti, brevemente interrotta, ma solo per un istante, durante il saluto.

Al punto che questa posizione assume il nome di Tsune no Kamae, dove il primo termine, come spesso accade nella lingua giapponese, può avere vari significati – “normale”, “usuale”, “comune” ma anche “continuo”, “perenne” – tutti comunque volti ad indicare una condizione destinata ad accompagnarci sempre e comunque, senza possibilità di interruzione.

Personalmente, credo che questo sia una diretta conseguenza della natura stessa del Jo, un’arma intrinsecamente debole che trova la sua forza solamente nel livello di perfezione con cui viene utilizzata.

Nel Jodo, infatti, una delle prime regole da imparare è che nulla può essere concesso all’errore, proprio perchè di così poco si dispone per fronteggiare l’avversario. 

Il Jo, gli esempi non si contano, deve contemporaneamente colpire e proteggere, o viceversa, in un ciclo continuo dove i confini tra attacco e difesa arrivano a sfumarsi al punto da finire per coincidere.

A tale proposito, il nono Kata del Jodo federale (Raiuchi), costituisce forse uno dei migliori esempi di applicazione dei principi sopra esposti.

Shijo, dopo essere passato dalla posizione di Tsune no Kamae a quella di Kasumi no Kamae, assume infine, per incrociare il proprio Jo con il tachi dell’avversario, la posizione di migi Gyakute no Kamae transitando fluidamente da un kamae all’altro, come volevasi dimostrare. 

A questo punto, l’attacco portato da Uchidachi contro il suo tricipite sinistro verrà bloccato da Shijo trafiggendo in controtempo il suigetsu dell’avversario con il Josaki, la punta del Jo (la posizione finale è illustrata in figura).

Shinto Muso Ryu Brasil, Rua Araguari 1453 loja 06- Santo Agostinho, Belo  Horizonte (2022)

Tuttavia, come si può vedere, la posizione del Jo sopra la testa offre anche un riparo, mentre la sua inclinazione, se corretta, costituisce un blocco per il braccio sinistro di Uchidachi il quale, se vorrà attaccare nuovamente, sarà prima costretto ad arretrare per sottrarsi a tale ostacolo, così come effettivamente avviene nel prosieguo del Kata.

Se questo fosse tutto, già sarebbe assai, in quanto riuscire ad attaccare, parare, proteggere e bloccare in un singolo movimento è cosa davvero degna di nota.

Ma il Maestro Takuya Murata, nel suo recente seminario tecnico culturale di Jodo, ha invece mostrato come sia possibile un livello di analisi ulteriore. 

Infatti, il Kamae è un concetto dinamico e, in quanto tale, non costituisce solo la parte iniziale e quella conclusiva del confronto tra Shijo e Uchidachi: al contrario, esso accompagna ogni movimento diventando l’elemento che garantisce efficacia al gesto tecnico.

Durante il seminario, il Maestro ha evidenziato che, quando si parla di Kamae, occorre distinguere, dal punto di vista concettuale, la sua componente esterna, materiale, da quella interna, immateriale. 

La parte sensibile include il Ken/Jo no Kamae (la guardia espressa dall’arma) e il Mi no Kamae (la guardia espressa dal corpo).

A questo proposito, è importante avere bene presente che il Kamae fisico ha come requisito necessario il mantenimento del proprio centro. 

Tornando alla figura, possiamo vedere che il Josaki ha conquistato la linea centrale di Uchidachi,  sottraendo ad esso, in questo modo,  il suo Mi no Kamae.

Ma possiamo anche notare che, allo stesso tempo, il Jo è posto sulla linea centrale di Shijo: per quanto sopra, questo significa che la posizione assunta costituisce, a tutti gli effetti, un Kamae.

Mettendo insieme le cose, possiamo dire che Shijo controlla Uchidachi solo quando mantiene il proprio Kamae a scapito di quello dell’avversario.

Seguendo le indicazioni del Maestro Murata, possiamo quindi renderci conto di come il ruolo di Shidachi consista in un fluire continuo da una tecnica all’altra, l’efficacia di ciascuna delle quali dipende dal fatto di contenere, al proprio interno, i requisiti fisici del Kamae.

Non basta: come abbiamo detto sopra, esiste anche una componente immateriale, il Kokoro no Kamae (la guardia del cuore).

Chiunque abbia seguito un seminario con un Maestro giapponese saprà quanta importanza venga attribuita a questo aspetto della pratica: è infatti evidente come un Kamae puramente fisico perda completamente di significato in assenza della componente interna.

Per intenderci, è l’osservazione che così tante volte ci siamo sentiti dire rispetto ad una nostra esecuzione, magari formalmente corretta ma priva di quella intenzione necessaria a trasformarla in un reale combattimento. 

La cosa interessante, però, è che proprio grazie a questa componente immateriale il Kamae può essere dinamico anche in assenza di movimento: per intenderci, pensiamo allo Tsune no Kamae nella fase conclusiva del Kata, quando, prima di arretrare, Shijo manifesta – con una posizione così tecnicamente semplice ma, al tempo stesso, così carica di intenzione – un livello tale di controllo su Uchidachi da indurlo a desistere dalla propria volontà di attaccare nuovamente.

L’invito finale, quindi, resta quello di perseguire sempre il significato autentico della nostra pratica attraverso l’espressione di un Kamae consapevole in tutti i suoi aspetti, esteriori e, soprattutto, interiori.

Stefano Banti

clicca qui sotto per leggere altre riflessioni sul Taikai di Jodo

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