Come molti sapranno sono un mentalista e da anni studio tecniche derivanti da psicologia, ipnosi, PNL, al fine di conoscere un po’ di più sul funzionamento del nostro cervello e sui benefici che se ne possono ricavare.

Quello di cui scrivo sono considerazioni personali, per cui mi limiterò a darvi dei consigli che hanno funzionato su me stesso.

Sono reduce da due sessioni di esami di iaido, quella di Modena e quella di Budapest. A Modena ho raggiunto il traguardo da 5°dan, ma al di là della mia esperienza personale, ho assistito ad un numero considerevole di bocciature, anche di persone che ritengo molto brave (a Modena più del 66% è stato bocciato).

come giudicare un esame di iaido
Risultati esame Iaido Modena 2022

Com’è possibile tutto ciò?

Claudio Zanoni ha scritto ultimamente un articolo molto interessante proprio su questo argomento: Come giudicare un esame di iaido.

Claudio scrive: “9 persone su 10 fanno errori e spesso non sanno qual è la cosa corretta da fare, oppure sono abituati a fare quella determinata azione in un modo che gli risulta più comodo e quindi si autoconvincono che sia corretta”

Ne abbiamo già discusso tante volte su questi concetti. Per la tecnica concordo con quanto i maestri ci ripetono da sempre: per il miglioramento continuo servono “solo” un buon maestro e tante ore di allenamento.

In questo articolo vorrei invece affrontare un diverso tipo di allenamento, l’allenamento mentale.

La nostra mente incide notevolmente sui nostri risultati e sui nostri successi, e per raggiungere i traguardi desiderati bisogna allenarla, così come faremmo per i nostri muscoli.

Alcuni esperti di psicologia dello sport sostengono che l’ 80% di una performance sportiva è data dal mindset e solo il 20% dalla tecnica, quindi il nostro modo di pensare e le nostre convinzioni sono di gran lunga più importanti della tecnica, per raggiungere i nostri traguardi sportivi.

Non so quanto questa percentuale possa essere vera nel mondo dello iaido dove la tecnica è tutto, ma sicuramente su di me ha funzionato. Della Mindfulness ne parlava già Andrea Cauda tanti anni fa: Psicologia e gare nello iaido.

In realtà siamo talmente concentrati sulla tecnica che a volte dimentichiamo tutto il resto.

Fino al 3° dan la tecnica è tutto e bisogna dimostrare di averla acquisita. Dal 4° dan in su, come ci ricorda Danielle Borra nell’articolo Come affrontare l’esame da 4° e 5° dan oltre alla tecnica vengono richiesti concetti ben più profondi, prima tra tutti la Compostezza mentale. Ecco che per la prima volta appare la parola “mentale”.

Ma allora come si fa ad allenare la nostra mente?

La mente è tutto

C’è una grande differenza tra cultura occidentale e orientale. In Giappone è di fondamentale importanza il concetto di Ikigai, che tradotto letteralmente vuol dire raggiungere “lo scopo nella vita”. E per trovare il proprio Ikigai, l’unico modo è scavare dentro se stessi, porsi domande e cercare risposte sincere e incondizionate.

Ikigai

Da quest’altra parte del globo, invece, l’attenzione della nostra società è rivolta sempre di più verso l’esterno. Guardiamo al di fuori di noi stessi per cercare approvazione, riconoscimento sociale, affermazione. Apparire piuttosto che essere e così cerchiamo all’esterno quello che in realtà si può trovare soltanto dentro.

Errore comune: cercare fuori di noi il motivo dei nostri insuccessi.

Per avere successo, nello sport come nella vita, è fondamentale cominciare a lavorare su noi stessi, sul nostro modo di pensare e di agire.

Alcuni recenti studi hanno dimostrato che l’allenamento mentale migliora nettamente le prestazioni sportive durante una gara o un esame, ma non solo. Migliora anche il divertimento che si prova nello svolgere la pratica sportiva. Per raggiungere i propri traguardi sportivi, indipendentemente dall’età, si può imparare a usare la mente per rimanere concentrati soprattutto durante un esame e superare con fermezza qualsiasi tipo di inconveniente esterno non preventivabile.

Avere una mente allenata, così come sviluppare i muscoli, richiede tempo e fatica. Ma più lavoreremo all’interno, più i risultati saranno visibili anche all’esterno.

Autoefficiacia, convinzioni e dialogo interiore

In psicologia, il termine “autoefficacia” coniato da Albert Bandura, si riferisce alla convinzione di un individuo riguardo alla sua capacità di avere successo. Dobbiamo conoscere i nostri limiti, ma al contempo, credere in noi stessi. Questo non ci renderà vincitori ogni volta, ma può sicuramente metterci in una posizione migliore per vincere. Dobbiamo esaminare da vicino le nostre convinzioni ed eventualmente lavorare su di esse. Se non riusciamo a visualizzare noi stessi come vincenti o pensiamo di non valere abbastanza per farcela, rischiamo l’auto-sabotaggio.

Allo stesso modo, bisogna prendersi cura del proprio dialogo interiore.

I pensieri diventano parole,
le parole azioni,
le azioni abitudini,
le abitudini la personalità,
la nostra personalità diventa il nostro destino.

Bisogna quindi imparare ad ascoltare la propria voce interiore e comprendere se ci sta incoraggiando o demotivando.

Proprio come impariamo ad eseguire un kata di iaido, dobbiamo imparare a controllare i pensieri e non c’è altra soluzione se non allenarci a farlo!

Autoefficacia e dialogo interiore

Concentrati sul risultato che vuoi raggiungere, non sui problemi.

Vi propongo un breve e famoso esperimento: prova per un minuto a non pensare ad un elefante rosa.

Probabilmente, come il 95% delle persone, NON sarete riusciti a NON pensare all’elefante rosa. Questo perché il nostro cervello registra l’immagine esattamente nel momento in cui gli si dice di non farlo: la negazione (il NON) viene scartato dal nostro cervello o meglio per elaborare la negazione la nostra mente deve prima visualizzare l’elefante e solo in un secondo tempo cercare, invano, di cancellare tale immagine.

Una delle chiavi per usare la mente in maniera efficace è capire che essa funziona meglio quando ci viene detto cosa fare, anziché cosa non fare.

Infatti, in presenza di un ordine negativo, la nostra mente ci porterà a ignorare la negazione e il corpo eseguirà esattamente l’azione indesiderata. Facciamo un altro esempio più attinente al nostro mondo.

Se durante un esame continuo a pensare “non piegare i gomiti”, “non piegare i gomiti”, “non piegare i gomiti”, sicuro al 100% che in Kesagiri taglierò dall’alto in basso piegando i gomiti.

Al contrario, quello che dovrebbe fare, è rivolgere l’attenzione al nostro taglio che deve essere grande, preciso ed incisivo.

Questo modo di pensare non vale ovviamente solo per lo iaido. Quando stiamo svolgendo una qualsiasi attività, privata o sul lavoro, dobbiamo sempre concentrarci su ciò che vogliamo ottenere, anziché sugli ostacoli o su ciò che temiamo. Le azioni derivano dai nostri pensieri e dalle immagini mentali che ci siamo fatti, non dovremmo mai guardare nella direzione in cui non vogliamo andare, ma in quella che abbiamo scelto.

Fiducia e profondità di pratica

Claudio Zanoni ricorda sempre un aneddoto avvenuto ad un seminario in Magglingen in cui Chris Mansfield sensei chiese cosa deve dimostrare uno iaidoka che si appresta ad eseguire il 10° kata: Shogiri con ben 4 avversari da affrontare. Tutti i presenti diedero una serie di risposte, tutte giuste ma nessuna corretta. Il sensei alla fine rivelò la sua idea: per affrontare 4 avversari l’unica qualità che bisogna avere è “Confidence”. Avere fiducia!

Solo quando ci sentiamo sicuri possiamo rilassarci e dare il meglio di noi. Avere fiducia in sé stessi è un requisito fondamentale per poter ottenere il controllo della propria mente e indirizzarla verso i nostri scopi. Ma come si ottiene questa fiducia?

La risposta potrebbe sembrare fin troppo semplice. Avremo fiducia in ciò che facciamo solo quando ci sentiremo preparati sia fisicamente che mentalmente per qualsiasi circostanza o evento che potrebbe capitare durante la competizione o l’esame.

Prepararsi toglie pressione ed elimina lo stress, perché se eseguiamo un’azione o simuliamo una situazione in anticipo, quando sarà il momento dell’esame avremo una sensazione di deja-vu che ci farà sentire più a nostro agio.

La visualizzazione

La preparazione fisica dà fiducia nelle capacità tecniche, mentre quella mentale prepara alle circostanze e fa riferimento principalmente alla pratica della visualizzazione.

Tutti gli atleti di successo compiono un enorme lavoro di visualizzazione e si figurano non solo i migliori scenari possibili, ma anche come reagirebbero a situazioni spiacevoli, difficili e complicate. Non si concentrano sui problemi in sé stessi, ma su come reagirebbero ad essi. Altrimenti entrerebbero nella spirale negativa menzionata sopra, finendo per “piegare i gomiti”.

La visualizzazione è quindi la capacità di simulare in anticipo, mentalmente e per immagini, la propria performance sportiva. Ma non solo, anche tutte quelle emozioni e sensazioni positive che deriveranno dall’aver raggiunto l’obiettivo (il diploma, la coppa, le congratulazioni degli altri, i festeggiamenti, ecc.).

Non entro nei dettagli della visualizzazione per non dilungarmi troppo, mi limito solo a specificare che per far sì che la pratica di visualizzazione sia efficace non è sufficiente dipingere una vaga scena nella testa, ma bisogna letteralmente proiettarsi nella situazione dipingendo ogni singolo dettaglio sensoriale, al fine di rendere la scena il più vivida possibile. Dove siamo? Che rumori ci sono attorno? Chi c’è lì con noi? Come ci sentiamo? Chi sarà il primo a congratularsi con me? A chi offrirò la prima birra per festeggiare? E via così con ogni altro dettaglio possibile.

Mindfulness e Iaido

Concentrazione su te stesso e non sugli altri

Stefano Banti, nel suo ultimo articolo Le età del Budo mi ha particolarmente colpito nella sua affermazione

“molti si erano già bocciati da soli prima ancora di cominciare”

Sono numerosi i fattori che concorrono alla riuscita di un esame. Alcuni sono controllabili da noi stessi altri no.

Una delle cose che più aiuta in tal senso è capire che non possiamo controllare le circostanze, gestire il comportamento degli altri, dei giudici o condizionare fattori esterni quali ad esempio il caldo eccessivo, il pavimento poco scivoloso, l’incomprensione di una lingua straniera.

Dobbiamo accettare la responsabilità di ciò che gravita all’interno della nostra sfera di influenza e imparare a lasciare andare quello che invece si trova al di fuori di essa.

L’importanza di avere sempre chiaro il nostro obiettivo

Qualcosa di vago come “voglio superare il mio esame di iaido” non è un obiettivo, è solo un sogno. Un obiettivo deve essere specifico, misurabile, realistico, perseguibile e scadenzato come ad esempio “ogni giorno, per due mesi, 10 minuti sul 2° chakuganten di Mae”.

Anche qui ci sarebbe tanto da scrivere ma per approfondimenti vi lascio all’articolo di Gabriele Gerbino: Porsi degli obiettivi.

L’obiettivo deve riguardare le azioni che si trovano all’interno della nostra sfera di controllo (il movimento del polso, della mano e del braccio nel Furikaburi) e non sui risultati (superare l’esame), perché questi dipendono anche da fattori esterni su cui non possiamo influire e che rischiano di preoccuparci, distrarci e indebolirci inutilmente. Se raggiungiamo i traguardi personali che ci imponiamo, i risultati arriveranno da soli come conseguenza.

autoefficacia-iaido

Chissà quanti avranno avuto il “coraggio” di arrivare fino in fondo a questo articolo, ma ho “fiducia” nell’interesse che questo argomento possa aver suscitato in voi.

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