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Sylvia Ordynsky Sensei è una budoka tedesca con la quale continuiamo la nostra affascinante storia europea dello iaido. 5° dan di Aikido, kyoshi 7° dan di Iaido che, avendo potuto apprendere l’arte della spada in Giappone, ha avuto la non troppo comune possibilità di studiare con un hanshi iaido 9° dan, ovvero Sagawa Sensei. Dalle prime esperienze di insegnamento su invito, ai viaggi in Giappone, al ritorno in Germania, agli aneddoti di vita personale e marziale, ripercorriamo oggi le tappe fondamentali di un’altra storica figura chiave dello sviluppo dello iaido europeo attraverso le interviste Kiryoku ai grandi maestri occidentali.

Sylvia Ordynsky Sensei
enbu 2022

Ordynsky sensei, innanzi tutto grazie per aver accettato il nostro invito e per averci dedicato un po’ di tempo per ripercorrere la sua storia e permetterci di offrire agli iaidoka europei un quadro dalle origini ai giorni nostri attraverso le esperienze dei settimi dan.
Partiamo come sempre dal principio per poter meglio inquadrare i maestri nel momento storico e nel luogo: quando è nata e che lavoro svolge?

Sono nata il 17 giugno 1957 a Wedel, vicino ad Amburgo, in Germania.

Ho lavorato nell’ambito dell’analisi strumentale come impiegato tecnico nell’industria farmaceutica, ma ora sono in pensione.

Sylvia Ordynsky Sensei
enbu 2022

Se non ricordo male lei ha praticato anche altre arti marziali: per fornire ai nostri lettori una sua immagine più completa, ci può raccontare come sia iniziata la sua carriera marziale e quali gradi abbia conseguito?

Ho iniziato a praticare Aikido nel 1973, a Darmstadt, quando frequentavo ancora la scuola.

In seguito ad una dimostrazione (enbu) di kendo e iaido, è cresciuto il mio interesse a imparare di più sulla spada giapponese, soprattutto perché l’Aikido è praticato anche con il bokken.

Quando ho visto quegli enbu, non era chiaro cosa stessero esattamente dimostrando, perché le informazioni e le traduzioni erano estremamente scarse. Successivamente, grazie ad un budoka più anziano sono stata in grado di avviare un contatto con una donna di Tokyo che parlava e scriveva inglese. Questo è stato un colpo di fortuna e sono molto grata alla mia amica di penna dell’epoca per avermi in seguito aperto la porta di un dojo giapponese a Tokyo. Ero curiosa e motivata a imparare e lo sentivo più come un compito e meno come un obbligo.

Ora sono 5° dan di aikido e kyoshi iaido 7° dan.

Sylvia Ordynsky Sensei
enbu 2022

Una vita dedicata all’arte della spada, una vera passione. Da quanto abbia capito gli inizi non furono certo facili, per la mancanza di informazioni e scuole. Qual era effettivamente lo scenario dei dojo di iaido quando ha iniziato a praticare?

L’aikido si praticava in una palestra, lo iaido era ancora abbastanza sconosciuto. 

All’inizio avevo sempre sperimentato da sola in appartamento, dove l’altezza del soffitto era più di tre metri, e successivamente ho praticato in un fienile. Il primo vero dojo fu l’Hakushinkan dojo di Sagawa Sensei a Tokyo Setagayaku. Questo era tradizionalmente posizionato all’interno della casa famigliare, al piano terra e con il kamiza di fronte all’ingresso, aveva un pavimento a molle con spesse tavole di legno che con il passare degli anni non erano più lisce, ma in qualche modo erano “vive”, con solchi e nodi. Era piuttosto piccolo, con un massimo di sei iaidoka che si esercitavano contemporaneamente con lo shinken. Le persone dovevano alternarsi, alcune si sedevano a turno sul bordo e osservavano gli altri praticanti. C’erano due grandi specchi dietro le porte scorrevoli, scaffali pieni di attrezzature per il kendo e scaffali pieni di bokken e shinai.

Sylvia Ordynsky Sensei
keiko in the barn 1989

Cerchiamo anche di approfondire un po’ di più l’approccio personale allo iaido, alla sua filosofia: cosa rappresenta per lei lo iaido, qual è il suo significato e cosa le ha offerto attraverso la sua lunga e profonda esperienza?

Si dice che si cresce con i propri compiti e, parallelamente, la conoscenza e l’esperienza crescono sotto molti aspetti. Lo iaido vent’anni fa aveva per me un significato e un’enfasi diversi rispetto a oggi. In passato, per me era molto importante praticare i kata osservando ogni dettaglio, e muovermi allo stesso modo di Sagawa Sensei. Ma ho capito che non si tratta solo di copiare il Sensei, è impossibile al 100%. Ora riesco a vedere gli aspetti spirituali e storici come più importanti e vedo la spada in sé come una costante nel percorso della vita, per potercisi connettere spiritualmente, per entrare in simbiosi come un musicista che suoni l’arpa o il pianoforte. È così che continuo a lavorare su “ki ken tai no ichi”.

Sylvia Ordynsky Sensei
Inoue Miyoji Sensei 8.Dan Hakushinkan dōjō 2014

A proposito di sensei, ci ha parlato prima delle sue prime esperienze nel dojo di sagawa sensei: ci vuole raccontare qualcosa di questo grande iaidoka, della sua eredità, e chi è il suo sensei di riferimento attuale?

Come indicato in precedenza, ho avuto l’opportunità di essere presentata a Okada Sensei durante una sessione di insegnamento. In quella circostanza, Okada Sensei era seduto su una sedia e apparentemente stava tenendo una conferenza ad alcuni studenti seduti in seiza di fronte a lui. Sono rimasta un po’ sorpresa quando hanno cominciato tutti a parlare ad alta voce, tanto che la mia reazione non è passata inosservata alla mia amica che mi disse “guarda, Sagawa Sensei sta entrando dalla porta e potremmo anche iniziare a praticare nel suo dojo”, al che risposi immediatamente “sì, voglio solo andare da Sagawa Sensei”.

Sagawa Hakuo Sensei era un hanshi iaido 9° dan (Muso Shinden Ryu) e kyoshi kendo 8° dan Kyoshi, e così ho potuto sviluppare un rapporto diretto come studente dal 1979 al 2004. Purtroppo il mio stimatissimo insegnante (shisho) è morto il 16 dicembre 2004, e sono quindi diventata allieva di Soejima Manabu Sensei, kyoshi iaido 8° dan, che era già stato presentato nel luglio 2000 a Berlino da Sagawa Sensei come suo successore in Germania.

Dopo la morte di Soejima Sensei l’11 novembre 2015, sono diventata allieva di Furuichi Norio Sensei, kyoshi iaido 8° dan, kyoshi kendo 7° dan, batto 7° dan, tankendo 6° dan, jukendo 6° dan e jodo 3°dan.

Sylvia Ordynsky Sensei
In the house of Sagawa Sensei 1985

Credo che, come tutti i nostri lettori, io non possa essere più curioso di come possa essere il rapporto con un sensei 9° dan, in quanto è cosa piuttosto rara in questi giorni, quindi abbiamo sicuramente bisogno di saperne di più.

Tutti gli anni in cui ho trascorso le vacanze a Tokyo e mi sono allenata sotto Sagawa Sensei nel dojo Hakushinkan sono sempre stati caratterizzati da un rapporto molto personale e familiare con il Sensei e tutta la sua famiglia.

All’inizio Sagawa Sensei mi ha dato un obi marrone e un taccuino, con il consiglio di prendere sempre appunti. Per la sua lungimiranza in molte cose, gli sono grata dal profondo del cuore.

Stavo quasi tutto il giorno nel dojo con il Sensei e spesso venivo invitata a pranzo nel suo appartamento. L’allenamento mattutino del martedì si concludeva con una colazione in comune, tutti portavano qualcosa e la signora Sagawa ci ha versava il tè, prima che tutti andassero al lavoro, mentre io continuavo a esercitarmi nel dojo. Mi è stato anche permesso di accompagnare il Sensei ai corsi in altre città. Il mio alloggio privato era a pochi minuti a piedi dal dojo.

Le lezioni di Soejima Sensei si tenevano solitamente in una palestra, che prenotava secondo lo sviluppo dei corsi.

Con Furuichi Sensei potevo frequentare le lezioni generali o la mattina, insieme ad altri studenti stranieri, nel suo dojo.

Sylvia Ordynsky Sensei
Hakushinkan dōjō in Tōkyō 1985

Mi pare di capire che la sua permanenza in Giappone sia stata abbastanza frequente, ma come è iniziata questa avventura come straniera nei loro dojo e si allena ancora oggi in Giappone?

Nel 1979, mi sono sentita molto bene accettata come ospite tedesca ma spesso mi è stato chiesto se venissi dagli Stati Uniti.

L’ultima volta che mi sono allenata nel dojo di Furuichi Sensei è stato nel 2018, dove sono sempre stata ospitata e istruita molto gentilmente. 

Perciò mi sono sempre sentita come un membro del dojo e non come una straniera.

Sylvia Ordynsky Sensei
In the dōjō of FuruichiSensei 2018

Furuichi sensei ha collezionato una vasta esperienza e un numero impressionante di dan in molte arti marziali e la relazione tra tutte queste discipline è sicuramente costruttiva per qualsiasi praticante. Ci potrebbe descrivere come diverse arti marziali abbiano contribuito e influenzato il suo sviluppo, e quello generale, del budo?

Nell’aikido si pratica con un partner che assume il ruolo dell’attaccante: quando si attacca a distanza, ad esempio con yokomen uchi, aspetti e criteri come ashisabaki, maai ma anche metsuke sono importanti quanto nello iai. Grazie ad un vero “avversario” ho una migliore comprensione di queste connessioni così come delle azioni e delle reazioni rispetto a quando mi alleno solo con un avversario immaginario.

Penso che le discipline classiche del budo si completino a vicenda e mostrino parallelismi.

Ueshiba Morihei (O Sensei), il fondatore dell’aikido si è ampiamente addestrato per esempio in jujutsu Tenjin shinyo ryu, Daito ryu, Yagyu Shinkage ryu e Kenjutsu.

Nell’aikido l’allenamento fisico ha la priorità, nello iaido prevale il maneggio della spada, ma entrambi sono legati al carattere difensivo del Budo.

Sylvia Ordynsky Sensei
Furuichi Sensei 2017

Passando dalla prospettiva dello studente a quella dell’insegnante, esistono delle differenze tra il modello di insegnamento giapponese e quello occidentale? Per lei che ha studiato molto in giappone, è stato necessario apportare delle modifiche per permettere ai praticanti europei una migliore esperienza?

Sotto Sagawa Sensei ho praticato e seguito un kata o un dettaglio molto più a lungo.

Suggerimenti, correzioni o spiegazioni erano concisi ed esattamente diretti al punto. Il metodo prevedeva un maggiore apprendimento attraverso un’osservazione attenta, anche a causa dei problemi linguistici.

Io cambio argomento o kata più frequentemente, almeno con gli studenti avanzati.

Ho anche degli studenti avanzati che si esercitano in coppia per migliorare i kata l’uno dell’altro e per aumentare la loro comprensione dei criteri ZNKR.

Sylvia Ordynsky Sensei
1998 Seminar with Sagawa Sensei, Bottrop

Ci potrebbe riassumere il suo percorso come insegnante fin dall’inizio? Quando ha tenuto la sua prima lezione in assoluto?

Su richiesta di un dojo di aikido, ho condotto il mio primo corso come shodan nel 1983.

All’epoca non avevo esperienza di insegnamento, ma ovviamente ho cercato di mostrare e spiegare tutto nel miglior modo possibile nello spirito di Sagawa Sensei. A quel tempo, la maggior parte dell’allenamento veniva svolto con bokken, poiché solo poche persone avevano uno Iaito. Successivamente seguirono altri inviti per altre lezioni.

Dopo un anno di permanenza a Tokyo e l’allenamento quotidiano presso il dojo Hakushinkan, sono ritornata in Germania e ho trovato un nuovo lavoro vicino a Francoforte sul Meno: ho insegnato per un breve periodo a Francoforte, poi mi sono rivolta a un altro club con migliori condizioni di allenamento e quindi ho insegnato nelle palestre del TUS Steinbach e.V. Hakushinkai a Steinbach a partire dal 1991.

Sylvia Ordynsky Sensei
Hakushinkan dōjō 1998

Lei ha veramente potuto avere molte esperienze sia come studente che come insegnante, quindi deve aver fatto parte parte di gruppi diversi, per età o esperienza: ha una qualche preferenza particolare verso una tipologia di classe specifica a cui ama particolarmente insegnare in virtù dei suoi requisiti unici?

Non ho preferenze speciali per determinati gruppi: che un praticante sia giovane o vecchio, principiante o avanzato, vedo come mio compito adattarmi al rispettivo gruppo o allo iaidoka individuale, dare ulteriori esercizi e spiegazioni, e anche praticare insieme l’uno o l’altro kata.

Sylvia Ordynsky Sensei
Ōkami dōjō 2010

Come una persona cambia nel corso degli anni, anche il tipo di esperienza cambia secondo la propria crescita. È successo qualcosa anche alla disciplina stessa? Intendo dire, è cambiato anche lo iaido nel corso degli anni e come?

È difficile rispondere obiettivamente a questa domanda, perché è troppo complessa, tuttavia, vorrei porre l’attenzione su una tendenza che potrebbe interessare i giovani iaidoka.

Da circa quindici anni a questa parte, chi vuole imparare iaido in Europa ha a disposizione molti più insegnanti rispetto al passato, e anche molti più video e altre informazioni digitali; quindi la conoscenza viene ora impartita a questi studenti in un tempo molto più breve. Partendo dal presupposto che le conoscenze così ricevute siano ben comprese anche cognitivamente, ho comunque l’impressione che il discente pensi poi di poter implementare fisicamente queste conoscenze immediatamente e senza pazienza anche senza pratica guidata, ma che il più delle volte manchi questo obiettivo, pur senza rendersene conto.

I giovani iaidoka in particolare sono in parte influenzati dalla cultura pop giapponese che sta diventando sempre più influente nei media occidentali. Alcuni anime popolari con una irrealistica rappresentazione distorta della cultura giapponese spesso basata sull’azione servono quindi come motivazione per avviarsi verso una disciplina tradizionale del budo. Spesso questi iaidoka sono poi delusi ad un certo punto della loro formazione per come il modo tradizionale (Do) e il miglioramento che ne deriva sembrino in conflitto con l’immagine presentata dai media.

In molti luoghi si vede spesso che i praticanti hanno un buon livello tecnico, ma la sostanza dello Iaido non è molto ben sviluppata. D’altra parte, se guardi i vecchi video, di solito non mostrano l’estetica tecnica che si può percepire oggi; ma sul fatto se l’avversario spirituale sia stato sconfitto o meno, non ci sono dubbi: es. nei kata di Haga Junichi il colpo fisico dell’avversario è assoluto, anche senza il fruscio della lama durante il taglio (kirioroshi).

Passando invece ad un livello di dettaglio più ristretto, come è organizzata una sua tipica lezione di iaido?

Dopo una breve sessione di riscaldamento, inizio con ashisabaki e vari suburi. Oppure la sequenza di un kata viene praticata con bokken e con un “avversario” per diventare più consapevoli della situazione in cui ci si trovi. 

Con gli studenti avanzati, poi pratico koryu, seguito da iai ZNKR. 

in parallelo, i principianti praticano solo iai ZNKR, quindi a volte guido contemporaneamente due piccoli gruppi nel dojo

È anche importante per me spiegare i termini tecnici giapponesi.

Sylvia Ordynsky Sensei
enbu 2022

Lo iaido seitei e il koryu esprimono livelli diversi di comprensione e questo ci porta anche a parlare di cosa ci sia dietro all’arte della spada: pensa che iaidoka non giapponesi possano davvero comprendere la cultura e la “filosofia” dietro lo iaido?

Questa è una domanda delicata, perché presuppone che ci sia uno standard o una definizione per poter giudicare queste cose con precisione. Ma penso che stia diventando sempre più possibile per i budoka che studiano e si impegnano intensamente applicandosi alla cultura e alla filosofia di queste discipline acquisire una comprensione e una conoscenza più profonde di quello che praticano.

Gli iaidoka giapponesi hanno più opportunità di studiare le fonti storiche e fino a mezzo secolo fa sono cresciuti principalmente nella loro cultura tradizionale. Ma da allora questa cultura è diventata sempre più occidentalizzata ed è cambiata di conseguenza. Quindi, anche per i giapponesi, la loro cultura tradizionale e le loro tradizioni non sono affatto sempre comprensibili. E questo si può notare anche fisicamente, ad esempio in passato i giapponesi sedevano per terra in posizione seiza o almeno a gambe incrociate, mentre al giorno d’oggi, invece, si siedono quasi sempre su sedie, esattamente come noi.

Questa è la mia visione della filosofia di fondo dello iaido: lo iaido o budo, che va oltre il prettamente tecnico, si basa sull’atteggiamento fermo e calmo del saper affrontare la morte con mente lucida e di agire di conseguenza, senza tremare e senza bloccarsi, e questo è indipendente dal proprio background. Fortunatamente per noi, quasi nessuno oggi in questo Paese si trova in una situazione in cui deve combattere fino alla morte. E poi, naturalmente, ci manca l’esperienza che può portarci improvvisamente a una visione più profonda del modo di vivere.

Tuttavia, può anche aiutarci ad assorbire un mantra che conoscevamo in passato: “memento mori!”, ricorda che morirai.

Dal passato al futuro, dal combattimento reale allo sviluppo di una disciplina, cosa ne pensa del futuro di iaido, in particolare di quello europeo?

Proprio come in Giappone, lo iaido continuerà in qualche modo a cambiare. 

Finché manterremo buone e solide relazioni con il Giappone, presumo che rimarremo sulla strada giusta insieme.

Sylvia Ordynsky Sensei
enbu 2015

Il percorso non è sicuramente mai stato facile per nessuno, per impegni, sacrifici, cambiamenti necessari che accompagnano la crescita di un praticante per tutta la vita. Cosa consiglierebbe ad un giovane iaidoka principiante che intraprenda questo cammino?

Nella vita ci sono fasi difficili di tanto in tanto, in cui non ci si può esercitare quanto si vorrebbe. A causa degli studi, della famiglia, della cura dei genitori o del lavoro, si potrebbe non essere in grado di praticare per mesi o addirittura anni, e si dovrebbe ricominciare dopo tali pause e scoprire “di nuovo” lo iai, da soli. 

La spada è stata la compagna per tutta la vita dei samurai e anche dei cavalieri in Europa.

Sylvia Ordynsky Sensei
Shingitai-Dojo,Uke Mark

Quindi, parlando di insegnamenti da poter trasferire, cosa ha sviluppato personalmente come messaggio del budo che le piace trasmettere in modo particolare?

Sei sho go sho 

正 勝 吾 勝 

La vera vittoria è la vittoria personale.

Sylvia Ordynsky Sensei
Shingitai-Dojo,Uke Mark

Mi spiace sempre ritrovarmi improvvisamente al fondo di queste interviste perchè gli argomenti sono sempre affascinanti e il tempo vola letteralmente via ascoltando la storia dei nostri grandi sensei. A nome di Kiryoku non posso che ringraziarla nuovamente per il tempo e l’attenzione che ci ha dedicato e come consuetudine chiudiamo con qualcosa di più leggero: ha qualche aneddoto divertente della sua vita sullo iaido che le piacerebbe ricordare con noi?

Dopo una lezione, sono andata con Sagawa Sensei e sua moglie a Düsseldorf per fare shopping. Così ho parcheggiato in un parcheggio multipiano e abbiamo fatto la spesa.

Tornati al parcheggio con le borse della spesa piene, ho scoperto che la mia macchina era stata rubata. Il numero del parcheggio e anche il muro colorato indicavano esattamente il posto dove avevo parcheggiato! Lo spiegai alla Sensei e volevo avvisare la polizia, ma il Sensei mi ha chiesto se fossi davvero sicura che quello fosse il posto giusto e io risposi con naturalezza che era quello giusto. Poi diedi un’occhiata più attenta al biglietto del parcheggio e mi resi conto che eravamo in una strada parallela in un parcheggio molto simile. Avrei voluto sprofondare nel terreno, ma il Sensei si mise a ridere. 

Da allora, sono diventata particolarmente attenta quando si tratta di parcheggi.

Sylvia Ordynsky Sensei
Soejima Sensei, Tōkyō 2014
Sylvia Ordynsky Sensei
Soejima Sensei in Steinbach 2013

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