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ohaguro are-black-teeth-fashionable-again
(immagine da https://mtltimes.ca/life/health/are-black-teeth-fashionable-again/)

La tintura dei denti è, o meglio è stata, un’antica tradizione asiatica, anche se l’origine è più tipicamente giapponese, nota con il termine ohaguro, il cui significato indica anche la specifica colorazione, ovvero l’annerimento, dei denti. Può sembrare una strana moda, ma ogni cultura, e in diverse epoche, ha avuto le proprie, e non dimentichiamoci che quello che può essere normale agli occhi di persone di diverse età e in diverse parti del mondo, potrebbe appararire come una stupefacente curiosità: su RDH, una rivista di igiene dentale, viene infatti riportato un aneddoto raccontato da una igienista americana di origini giapponesi, la cui vecchia madre riteneva una cosa piuttosto strana che le donne occidentali avessero l’abitudine di mettersi lo smalto sulle unghie, con la stessa incredula opposta reazione delle pazienti occidentali a cui veniva raccontato della tintura giapponese dei denti.

La moda dell’ohaguro è durata quasi un millennio, ed è scomparsa agli inizi del secolo scorso solo perché proibita dalle leggi giapponesi che tendevano verso la modernizzazione del Paese, a partire dall’epoca Meiji (1868-1912). Le prime testimonianze di questa pratica si ritrovano già nell’epoca Kofun (250-538), ma è nell’epoca Heian (794-1185) che trova il suo massimo splendore, e per diversi motivi.

ohaguro
(immagine da https://collections.mfa.org/objects/226456/blacking-the-teeth-kanetsuke-no-3-from-the-series-twelve)

La parola giapponese kuro, da cui la forma guro contenuta nel nome di questa pratica, è legata all’idea di notte e al suo contrasto con il giorno, poiché la notte è soggetta ma inseparabile dal giorno. A causa dell’incapacità di tingere il nero con altri colori, questo colore era associato alla sottomissione e alla lealtà, nonché alla forza e alla dignità grazie alla sua elevata intensità visiva, motivo per cui era il colore predominante tra i samurai e particolarmente apprezzato dai buddisti. L’ohaguro era una consuetudine tra le donne delle famiglie benestanti quando entravano nell’età adulta, all’epoca comunque estramente giovane, con una cerimonia nota come kanetsuke, derivante da kane, termine alternativo a ohaguro, usato tipicamente dagli aristocratici, con il significato letterale di bevanda ferrosa, a causa della tecnica di preparazione della colorazione. Un’altra cerimonia tipica del passaggio all’età adulta riguardava invece gli uomini, e l’ohaguro veniva quindi adottato per la cerimonia della vestizione della prima hakama, chiamata hakamaza. In entrambi i casi, sia per gli per uomini che per le donne, la colorazione dei denti era accompagnata anche dalla tintura delle sopracciglia, tecnica nota con il termine hikimayu.

La colorazione nera per l’ohaguro avveniva per mezzo di una soluzione, a cui spesso ci si riferisce come inchiostro, chiamata kanemizu, ottenuta dalla miscelazione di acetato ferrico e limatura di ferro, mischiati ad aceto o sake, tè nero, spezie o caramello per addolcire il terribile sapore, una pappa di riso contente tannini di origine vegetale, e con cui si realizzava un pigmento nero dall’odore pessimo che veniva inzialmente utilizzato anche per tingere i tessuti, e che veniva applicato quotidianamente sulla dentatura.

ohaguro
(immagine da https://darkgothiclolita.forumcommunity.net/?t=61234574)

C’è però una controversia in atto legata al risultato permanente di questa pratica, tra i sostenitori dell’applicazione quotidiana per garantire un risultato estetico costante e il ritrovamento di scheletri risalenti a dinastie di epoca Edo i cui denti erano stati resi neri tramite l’ohaguro.

Più la colorazione era efficace più l’effetto di questa pratica era considerato bello e ben riuscito, complementato inoltre dall’oshiroi, l’utilizzo di cipria bianca che contribuiva ad enfatizzare il contrasto con il viso e a mascherare le emozioni, donando un’espressione fissa e immutabile grazie alla quale non fosse possibile scorgere cambiamenti d’umore, motivo per il quale anche aristocratici e politici ne facevano ricorso. Di fatto i volti bianchi erano considerati come un’altra delle caratteristiche femminili desiderabili in quei tempi, ma purtroppo il trucco bianco, che era fatto con polvere finissima di riso, poteva causare un distacco cromatico notevole tra il pallore artificiale del viso ed il colore naturale dei denti che a questo punto potevano apparire di colore più tendente al giallo. Pare sia quindi stato per superare questo problema estetico che le donne giapponesi cominciarono a colorare i loro denti di nero.

Era comunque una pratica non particolarmente accessibile al popolazione, anzi, tipica della nobiltà per distinguersi da questi, utilizzata inoltre per differenziare i denti degli umani da quelli dei comuni animali, e si diceva che questa pratica aiutasse a prevenire le carie, un problema diffuso a quei tempi a causa dell’alimentazione e all’assenza di una buona igiene orale.

Alcuni studiosi occidentali ritengono la pratica della tintura dei denti come un’usanza orribile per sfigurare le donne, in un mondo prettamente guidato dagli uomini che in questo modo incoraggiavano la castità femminile rendendo le donne meno attraenti e prevenendo in tal modo le relazioni extraconiugali, ma queste teorie non trovano altrettanto riscontro tra i sociologi giapponesi, per i quali l’ohaguro costituiva invece un rituale attraverso il quale la società determinava il passaggio femminile all’età matura.

L’imposizione sociale di questa pratica alle donne non fu tanto determinata da questioni legate alla moda estetica o perché considerata gradevole, quanto piuttosto a causa della volontà di far si che non destassero attenzioni da parte del prossimo, dal momento che insieme a hikimayu e oshiroi, impediva la decodifica delle emozioni espresse. Siccome alle donne giapponesi non piaceva avere i denti neri, cominciarono a coprirsi consapevolmente la bocca mentre ridevano o mangiavano e pare che sia per questo motivo che, ancora oggi dopo oltre un secolo dalla fine di questa pratica, le donne giapponesi tendono ancora a coprirsi la bocca mentre ridono o mangiano, anche se inconsciamente.

ohaguro
(immagine da https://www.shutterstock.com)

Nonostante questa pratica si fosse successivamente diffusa anche tra la popolazione rurale, limitatamente alle occasioni di particolari ricorrenze, dopo il periodo Edo (1603-1868), l’annerimento dei denti restò prerogativa unica della famiglia imperiale e degli aristocratici, prima di venire definitivamente bandita per legge il 5 febbraio 1870, in epoca Meiji, e scomparire praticamente del tutto all’inizio dell’epoca successiva, Taisho, a partire 1912: fu addirittura l’Imperatrice del Giappone a lanciare la nuova moda in pubblico, mostrando una perfetta ed immacolata dentatura color avorio. Da quel momento in poi, divenne irrefrenabile fra la popolazione la ricerca di prodotti che aiutassero a mantenere inalterata la colorazione della propria dentatura e l’ohaguro perse lentamente il suo fascino tra i giapponesi, che si abituarono immediatamente alla nuova tendenza in fatto di bellezza legata all’avere i denti perfettamente bianchi.

È ancora possibile vedere l’ohaguro applicato al giorno d’oggi ma solo in alcuni luoghi e per motivi particolari, come nella rappresentazione di drammi (l’ohaguro era originariamente fortemente ispirato alle maschere del teatro Noh e Kabuki), negli hanamachi ovvero i quartieri delle geishe, o in qualche matsuri, le celebrazioni popolari giapponesi.

ohaguro
(immagine da https://picclick.co.uk/Vintage-SHOWA-Japanese-Ceramic-NOH-Theatre-Mask-OHAGURO-KOOMOTE-192483887045.html)

L’immagine dell’ohaguro resiste tuttavia ancora anche grazie ad uno dei moltissimi Yokai che caratterizzano il folklore giapponese, chiamato Ohaguro Bettari, un’inquietante figura femminile notturna che compare vestita con splendidi abiti da sposa e che richiama giovani uomini i quali non resistendo al suo fascino finiscono per avvicinarsi troppo e rimanerne vittime. Da dietro, un Ohaguro Bettari appare come una bella donna che indossa un kimono, o come già detto spesso appare come una sposina nel suo abito tipico, nelle ore del crepuscolo nei luoghi fuori da un tempio o dentro la casa di un uomo. All’inizio, nasconde la testa o si allontana da qualsiasi spettatore e qualsiasi uomo che si avvicini per poterla vedere meglio resta sorpreso quando si giri per rivelare il suo viso: una brutta faccia, bianca e senza lineamenti, spalmata di trucco spesso, contenente nient’altro che un’enorme bocca spalancata piena di denti anneriti. Questo shock iniziale del malcapitato è ulteriormente peggiorato da una risatina orribile, che fa scappare l’uomo  in preda al terrore. Spesso accusati di essere mutaforma burloni come kitsune, tanuki o mujina che cercano di divertirsi a spese di un essere umano inconsapevole, è stato anche suggerito che potessero invece essere i fantasmi di donne non particolarmente attraenti e che quindi non avessero potuto sposarsi: il mutaforma resta però la spiegazione folkloristica più plausibile rispetto al fantasma vendicativo in quanto all’Ohaguro Bettari non sono tipicamente attribuite morti o ferite, a parte quelle d’orgoglio degli uomini in fuga.

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(immagine da https://japanesestation.com/tag/ohaguro-bettari)

Quasi come caratteristica di altri arti giapponesi dove l’assenza di un tratto in realtà cela qualcosa di più appariscente, anche l’ohaguro sembra aver voluto annullare una presenza per esaltarne un’altra, in un’alternanza di vuoto e pieno tipica di culture più profonde e spirituali che non quella di una semplice, per quanto longeva, moda estetica destinata a mutare nel tempo e forse a scomparire del tutto. Ma chissà, abituati ormai normalmente a cambiare colore di capelli, occhi, labbra, unghie, etc, che non possano prendere nuovamente piede mode per una colorazione dentale diversa rispetto alla ricerca del bianco candido attuale, assolutamente innaturale a causa delle sfumature diverse e soprattutto caratteristiche secondo l’appartenenza ad aree geografiche diverse. D’altronde non è forse anche una moda quella dei denti d’oro, e non sono stati ritrovati reperti con decorazioni dentali dei tempi degli Etruschi e degli Egizi? In fin dei conti, non inventiamo nulla di nuovo, ripercorriamo solo dei cicli sfruttando nuove tecnologie e garantendo una migliore sicurezza per la salute.

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(immagine da https://globelife.com/beautynews/73125/lo-smalto-colorato-per-i-denti-atilde-uml-il-prodotto-che-risolver-atilde-nbsp-il-vostro-trucco-per-halloween.html)

lele bo

FONTI

https://traveltherapists.it/perche-le-giapponesi-si-coprono-la-bocca-quando-ridono/

https://recensioni936.wordpress.com/2017/02/05/usi-e-costumi-6/

https://en.wikipedia.org/wiki/Teeth_blackening

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